«A caccia della felicità. Il segreto? Pregare»

L’INTERVISTA. La giornalista Laura Magli venerdì 15 e sabato 16 novembre presenta il libro «Un tesoro chiamato Fede» nella chiesa della Madonna del Bosco.

«Un tesoro chiamato Fede. Piccolo saggio per cacciatori di felicità». È questo il titolo del libro della giornalista Laura Magli, nato con lo spirito di introdurre i bambini al mistero della fede. Scritto in maniera semplice per veicolare però contenuti profondi, «Un tesoro chiamato Fede» (Scorpione, pagine 52, euro 14, con le illustrazioni di Doris Ria) è un piccolo capolavoro di senso perché non si limita a dare le basi dell’educazione cristiana ai più piccoli ma diventa una vera bussola morale per gli esseri umani smarriti di ogni età. Il volume sarà presentato dalla giornalista in dialogo con monsignor Giulio Dellavite, nella chiesa della Madonna del Bosco, a Bergamo, venerdì alle 20.45 e sabato alle 18.45 (al termine della Messa).

Nella dedica del libro si legge «ai bambini di ieri e di oggi»; in effetti il testo diventa un terreno d’incontro tra genitori e figli. Non solo. Durante la lettura viene vivificato il «bambino interiore» di ognuno, la parte rimasta pura e incontaminata rispetto alle esperienze vissute nel mondo. Protagonista del racconto è una bambina, Federica, che tutti chiamano «Fede». Sarà lei che accompagnerà il lettore in un viaggio verso il senso della vita. In itinere, lungo le pagine, si impareranno tutte le lezioni necessarie alla nostra sopravvivenza e alla nostra fioritura, ma soprattutto si diverrà consapevoli di essere, per nascita, custodi di una felicità intrinseca e che non può venirci rubata, qualsiasi cosa accada. Ogni capitolo infatti costituisce parte di una mappa in grado di condurre alla scoperta della gioia più imperitura: la consapevolezza di essere figli di Dio e da Lui amati.

Nel libro, attraverso metafore linguistiche puntuali e talvolta divertenti, ci sono l’idea cristiana dell’uomo come terreno morale e della fede come cammino; ci sono le indicazioni per distinguere la strada buona da quella cattiva, così come la felicità vera da quella fasulla; ci sono consigli su come imparare ad ascoltare la propria interiorità e, in quella, la voce del Padre.

A lettura ultimata si capisce quanto quella di mettere nero su bianco la verità imperitura, senza tanti orpelli se non quelli in grado di renderla visibile e comprensibile, sia stata la formula giusta

L’incipit invita a chiudere gli occhi, scoprendo un buio diverso da quello comunemente inteso: un buio fecondo. Più avanti sarà la volta di una riflessione sul motivo del silenzio di Dio di fronte a certe nostre richieste.
Non si tratta di una storia romanzata; da lettori veniamo presi per mano dalla bambina protagonista e, attraverso di lei, condotti alla scoperta di lezioni nude, già fruibili e necessarie come l’aria. A lettura ultimata si capisce quanto quella di mettere nero su bianco la verità imperitura, senza tanti orpelli se non quelli in grado di renderla visibile e comprensibile, sia stata la formula giusta. Prima di tutto perché nessuno possa fingere con se stesso di non aver colto la corretta chiave di lettura della storia e quindi il suo prezioso significato; poi perché davvero viene voglia di tenere sempre vicino «Un tesoro chiamato Fede» come vademecum, come memento vivi e come pronto soccorso spirituale pronto all’uso. Laura Magli è moglie e mamma di due bambini, ha trascorsi da catechista e da molti anni è una inviata di punta di Canale 5, in prima linea laddove sono appena accaduti fatti di sangue.

Magli, lei come reporter di cronaca nera è testimone dell’orrore, ogni giorno, per professione. Ha scritto questo libro anche come antidoto a quanto respirato in questi anni?

«Sì, in parte nasce come reazione al fatto di toccare con mano quotidianamente il dolore, la disperazione e il disorientamento che pervade la nostra società a tutti i livelli; una società che fatica a trovare pace, ad ascoltare e ad ascoltarsi. Siamo costantemente investiti da notizie e informazioni, spesso senza averlo scelto, quindi c’è ancora più bisogno di strumenti per poter discernere il bene dal male».

Il suo libro dà, attraverso la dottrina cristiana, vere coordinate esistenziali.

«Lo spero. Diciamo che vuole essere un invito non solo al ritorno al centro del nostro cuore ma a volgere lo sguardo alla felicità che già alberga in noi, senza aspettare che venga da fuori».

Mi ha molto colpito che il viaggio narrato inizi da cinque profondi respiri.

«Viviamo in un fiume di contenuti, come dicevo prima, il che genera un rumore che ci inonda ininterrottamente; ma così dimentichiamo di ascoltare noi stessi. Il respiro invece ci permette di fare silenzio e ci dice subito una cosa che diamo per scontata e che invece dovrebbe essere già il primo motivo di gioia e gratitudine: siamo vivi».

Nel testo si parla giocosamente di segreti e di superpoteri in dotazione a tutti. Uno in particolare, in grado di fare scudo e di proteggere.

«Sì, bisogna rendersi conto che la nostra arma fondamentale è la preghiera. Bisogna mettersi in testa di tornare a pregare. La preghiera è l’unico momento in cui io ascolto davvero me stesso e mi chiedo dove sono e dove sto andando. E poi, se davvero crediamo, la consapevolezza di essere figli di Dio ci vede già salvi».

Ce ne dimentichiamo a volte. Ho amato anche che, in un’epoca in cui dilaga la piaga della solitudine, il suo scritto faccia capire che non siamo mai soli, specie quando siamo tristi.

«Nelle tempeste della vita se io mi aggrappo alla fede mi salvo. Soprattutto quando sono fragile io posso incontrare la grazia. Le disgrazie non capitano sempre agli altri; la volta in cui capitano in prima persona, la chiave è l’accettazione e questa avviene attraverso l’atto di fede. In ogni cosa l’importante è affidare tutto a Lui e sapere che il Signore non arriva mai in ritardo. Un piccolo esempio è anche la pubblicazione di questo libro. L’ho scritto di notte, non avrei avuto altre finestre temporali libere avendo un lavoro, un marito e due bambini piccoli. Se è arrivato alla pubblicazione è stato tramite un incontro fortunato, al momento giusto, con la giornalista Benedetta Cimini che mi ha trovato un editore».

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