Cultura e Spettacoli / Valle Seriana
Giovedì 25 Luglio 2019
Vinicio Capossela venerdì a Clusone
Balla sui social il medioevo venturo
Venerdì 26 luglio Vinicio Capossela porta a Clusone la sua «Danza macabra», con Chiara Frugoni. La pestilenza morale, il feudalesimo tecnologico, la desacralizzazione, gli spiriti animali del capitalismo.
Continuano gli atti unici di Vinicio Capossela: stavolta si tratta di un incontro musicato tra il cantautore, un compagno di viaggio suonatore di viella e la medi evalista Chiara Frugoni, domani pomeriggio (inizio ore 18; ingresso 20/15 euro) nella Basilica di S. Maria Assunta e S. Giovanni Battista di Clusone.
Saranno introdotti da Livio Testa, storico direttore di Clusone Jazz, e potrebbe intervenire anche il giornalista Rai Vincenzo Mollica, amico di Capossela, che trascorre come sua abitudine le vacanze estive in Val Seriana.
Capossela, in aperto dialogo con la studiosa di storia, racconterà la sua visione del Medioevo a partire dal tema della «Danza macabra» e del ciclo di affreschi raffiguranti il Trionfo della Morte che guarda la basilica dal contiguo Oratorio dei Disciplini.
Titolo dell’ incontro dialogico-musicale: «Danzante e macabra - Il carnevale rovesciato della signora Morte».
Uscito il 17 maggio, «Ballate per uomini e bestie», Targa Tenco 2019 per il miglior disco in assoluto, evoca un immaginario da «nuovo Medioevo». È stato anticipato dal singolo «Il povero Cristo», canzone che riferisce all’ incapacità dell’ uomo di salvarsi seguendo il precetto che sostanzia tutta la Buona Novella: «Ama il prossimo tuo come te stesso». Dal giorno della pubblicazione il cantautore ha intrapreso un lungo giro per illustrare l’ album, suonarlo, parlarne, prima che parta il vero e proprio tour teatrale che farà tappa anche a Bergamo, il 25 ottobre al Creberg Teatro. Presentato dall’ autore come «un cantico per tutte le creature, per la molteplicità, per la frattura tra le specie e tra uomo e natura», il nuovo lavoro è l’ ideale prosecuzione del percorso poetico avviato da «Ovunque proteggi», nel 2006, continuato con «Marinai, profeti e balene» del 2011, sino a «Canzoni della Cupa» pubblicato 3 anni fa.
Se l’ ultimo passo è un cantico punk-medioevale che rigira il coltello nella ferita aperta della perdita del sacro in una società che conta nuove pestilenze digitali, va detto che Capossela da tempo ha messo le sue canzoni al servizio di una ricerca che spazia disinvoltamente tra folklore acido di terra e antropologia. Riflette su vita, spiritualità, morte, citando Wilde e Keats, san Francesco e sant’ Antonio Abate, da laico convinto, comunque interessato al sacro. Capossela in quest’ ultimo disco denuncia le derive del web, un mezzo potente ancor privo di un’ etica riconosciuta. Lo individua non tanto come «peste contemporanea», bensì come mezzo attraverso cui si può trasmettere ogni cosa, aberrazioni comprese.
Il cantautore riconosce la dittatura dell’ attualità, preferisce rifugiarsi nella bellezza, nelle cose belle che l’ uomo ha cercato di lasciare: i libri, i quadri, la musica.
Riconosce anche la magnifica potenzialità di accesso in qualche modo garantita dai mezzi tecnologici che, a volte mal utilizzati, diventano strumenti capaci di veicolare disinformazione, odio, stupidità.
In «Ballate per uomini e bestie» si affollano temi, immagini metaforiche. Si puntualizzano le diseguaglianze di un Medioevo tecnologicamente evoluto dove infuria la pestilenza morale, etica, di linguaggio, e la corsa verso il basso sembra inarrestabile. Nel mezzo c’ è anche «Danza macabra», il grande mistero della vita e della morte, di certo la canzone che ha portato Vinicio sulle orme dell’ Oratorio dei Disciplini.
Il cantautore che può vantarsi d’ aver scritto uno dei pezzi più gioiosi sulla Resurrezione - «L’ uomo vivo», ispirato alla processione di Scicli dove il Cristo risorto viene chiamato «U’ Gioia» - indaga la morte come ultimo tabù di un mondo desacralizzato. Le canzoni in forma di ballata dell’ ultimo disco mantengono grande forza espressiva, guardano ai malanni del nostro presente travolto dal saccheggio della natura, dalla corruzione del linguaggio, dalla violenza e dai meccanismi del neoliberismo.
In un’ epoca in cui il mondo occidentale sembra non riconoscere il valore della cultura e il senso del sacro, Capossela sceglie di dar vita a un canzoniere che evoca un Medioevo fantastico, animato da bestie estinte, creature magiche, cavalieri erranti, fate e santi. Un universo brulicante e folklorico che diventa cartina di tornasole di un’ attualità inevitabilmente legata ai temi cruciali della nostra civiltà.
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