«Vamos a la playa» accende il Seriana music festival

CLUSONE. Al via nella serata di giovedì 27 giugno con Johnson Righeira la kermesse in località La Spessa: «Il successo arrivò mentre ero militare. Non era il sogno da bambino. La musica ha scoperto me, non il contrario». Sul palco gli Evolution 80.

Dopo i suoni etnici dello Spirito del pianeta è la volta, a Clusone, località La Spessa, del Seriana music festival che inaugura giovedì 27 giugno e, quanto a groove e timbri, impone un repentino cambio del senso di marcia. Titolare della manifestazione è ancora Lo spirito del pianeta events srl, che ha allestito nelle scorse settimane concerti, balli, stand ispirati alla celebrazione di un ecumenico villaggio globale attento alla pluralità delle tradizioni.

Ora l’inversione a U mette in scena Evolution 80, band che ha eletto a privilegiato campo d’azione gli hit da classifica, marcatamene anni Ottanta. Si fregiano del titolo di «band ufficiale degli artisti anni ’80» e hanno accompagnato dal vivo personaggi quali Tony Esposito, Tracy Spencer, Papa Winnie, Vince Scotch Lancini, Ivana Spagna. Non ultimo, nel catalogo, Johnson Righeira, a sua volta ospite del palco clusonese. La traiettoria sonora impressa alla serata non lascia adito a dubbi ma deve augurarsi che questo pazzo giugno non costringa a ricorrere agli ombrelli mentre si canta «Vamos a la playa».

La storia

Stefano Righi, nome all’anagrafe di Johnson Righeira, in coppia con Stefano Rota incrociò in breve volger d’anni all’inizio del citato decennio impetuosa popolarità sotto la fortunata sigla Righeira. «Sono cresciuto agli albori del punk, nell’underground torinese» ricorda. «Un’ondata di libertà che riportava il rock ai suoi esordi. Bisogna pur dire che il rock in Italia non ha avuto l’effetto impetuoso che ha avuto altrove. Le nostre radici erano i Celentano, i Vianello, i di Capri. Ascoltavo il funk, la disco, la new wave». Il solare divertissement di «Vamos a la playa» fu evoluzione impressa dai fratelli La Bionda, produttori dei Righeira, al brano originale, orientato verso elettronica e la new wave. Nei propri padiglioni auricolari Johnson Righeira ha poi riversato massicce dosi di house, dance, elettronica. Viene da domandarsi quali siano stati gli avvicinamenti al pianeta musica che allora, assai più di oggi, prevedevano abilità da esecutori, cantanti inclusi. «Non ho mai suonato nulla. Trafficavo con il computer, manipolavamo la musica dai dischi, ma ho poche conoscenze tecniche. Si sperimentava aiutati dalle macchine, programmando melodie che non potevi eseguire su uno strumento».

«Dovevamo per forza confezionare hit, ce lo chiedevano. Eravamo entrati in qualcosa che non sapevamo gestire, anche professionalmente»

Catturato giovanissimo nel vortice della musica di successo, chissà quali erano le aspettative di Stefano Righi: «Non era certo un sogno maturato da bambino. Ero attratto dal poter entrare nella musica attiva. In qualche modo la musica ha scoperto me, non il contrario». Il successo arrivò mentre il performer era militare: «Non avevamo idea di cosa stesse succedendo. Qualche licenza per i nuovi impegni sui palchi e negli studi televisivi ma poi si tornava alla routine ovattata e frustrante della naja. Ho cercato di ottenere licenze dichiarando malesseri psicologici». Solo quando gli concessero venti giorni di licenza, non per presunti disturbi ma proprio perché riconosciuto quale interprete dell’hit che stava spopolando, «capii cosa stava davvero succedendo. Non c’era da parte nostra alcuna presunzione o arroganza di aver fatto chissà che». Non si poteva però lasciare il treno in corsa: «Dovevamo per forza confezionare hit, ce lo chiedevano. Eravamo entrati in qualcosa che non sapevamo gestire, anche professionalmente». È lui stesso a non poter spiegare il segreto del successo: «Altre cose che abbiamo fatto erano assolutamente dignitose ma non sono state recepite come “Vamos”, “No tengo dinero”, “L’estate sta finendo”».

Giusto il tempo di assaporare il successo ed era già periodo di revival. «Le canzoni quando sono fortunate crescono con le loro gambe, indipendenti dai loro creatori. Così dopo quarant’anni quei pezzi godono di ottima salute e, è incredibile, oggi gli impegni sono più di allora». Se deve consigliare al pubblico pezzi che meriterebbero attenzione cita «Luciano Serra pilota», «Gli parlerò di te», «3D». «Se avessi la formula per realizzare successi – ammette – e se sapessi entrare nel dna di intere generazioni di ascoltatori, avrei continuato a fare hit». Nato come performer («situazionista», ama precisare) prima che come esecutore, riconosce che il canto gli è entrato nel cuore. Ricorda con soddisfazione la recente versione di «Summer on a solitary beach», di Franco Battiato, registrato con Milano 84: «Non era neppure tra le canzoni che amavo di più ma proprio cantarla me l’ha fatta scoprire in profondità».

Ammette che è stato anticipatore di un modo di «vestire» la musica che oggi è dominante («oggi prevale il glamour sui contenuti reali») ma riconosce anche come ci siano cose molto interessanti, «ma bisogna andarsele a cercare, anche se è difficile rompere il muro di gomma dei network radiofonici e televisivi». A lui tocca aprire le danze in attesa delle serate con Dj Matrix (venerdì 28), gli inossidabili Nomadi (sabato 29, biglietto a 10 euro) e la giornata targata Bg con Simone Foti, Wrong decade, Bepi & the Prismas, Maurizio Pirovano e Charlie Chinelli (domenica dalle ore 14).

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