«Torno alla Scala dopo 14 anni: un privilegio»

L’INTERVISTA. Paolo Gavazzeni dal 1° marzo sarà il coordinatore della direzione artistica del teatro milanese: «Una grande gioia».

Paolo Gavazzeni, nipote del grande direttore d’orchestra Gianandrea Gavazzeni, bergamasco doc - diplomato al Conservatorio Donizetti in pianoforte, laureato in giurisprudenza a Milano - dal 1° marzo 2025 sarà il nuovo coordinatore della direzione artistica del Teatro alla Scala, succedendo ad André Comploi. Lo ha voluto con sé il direttore artistico e sovrintendente Fortunato Ortombina, di fresca nomina dopo Dominique Meyer.

Alla Scala nel 2002

Per Gavazzeni, direttore artistico a Macerata, si tratta di un ritorno. Nel 2000 era all’Accademia del Teatro alla Scala come coordinatore artistico del corso per professori d’orchestra. Nel 2002 viene chiamato a far parte della direzione artistica del Teatro alla Scala come responsabile dei servizi musicali. Dal 2005 fino alla fine del 2011, sempre presso il Teatro alla Scala, ricopre la qualifica di responsabile dell’attività quotidiana del Teatro. «Dopo 14 anni sono contento di tornare alla Scala - commenta -, è il teatro che mi ha formato professionalmente, con Carlo Fontana in Accademia, poi con Muti in direzione artistica. Sì, ho vissuto “tante Scale”, prima nei racconti di mio nonno nell’ultima fase della sua carriera, poi Muti e Fontana. Mi sono rapportato con Muti, una scuola di grande serietà e severità. Poi ancora il momento drammatico dell’uscita di Fontana e di Muti, l’arrivo di Stéphane Lissner, Barenboim, un altro modello di teatro».

E dopo che è uscito dalla Scala?

«Anche quando sono stato direttore artistico all’Arena di Verona (2012-2016), ho sempre partecipato alla vita della Scala come spettatore. Quando esci dalla Scala è un dolore non lavorare al Piermarini, ti manca sempre qualcosa. Seguire i laboratori, il lavoro di palcoscenico, ascoltare le prove dell’orchestra è un privilegio, ogni giorno erano gioie rare. Certo, vista da fuori ti permette uno sguardo e un atteggiamento diverso verso il teatro. Torno con una maturità diversa da quando l’ho lasciata».

Lei ha fatto anche tv, come direttore artistico del canale tv Sky Classica.

«Indegnamente ho svolto una carriera di regista d’opera che mi ha permesso di capire altre cose, mi sono trovato dall’altra parte della barricata. Venti produzioni operistiche che hanno arricchito il bagaglio professionale, utili per svolgere questo nuovo compito di coordinatore artistico per Fortunato Ortombina».

In cosa consisterà il suo nuovo lavoro?

«Sarò una sorta di emanazione del progetto di Ortombina (già al Regio di Torino, al San Carlo, alla Scala, poi alla Fenice di Venezia, musicista, ndr). Abbiamo la stessa idea sull’opera italiana, sui titoli di Donizetti, Bellini, Verdi, Puccini. Abbiamo lavorato insieme alla Scala nel 2000, allora lui era coordinatore artistico e ci siamo trovati molto bene insieme. Il coordinatore è la lunga mano del direttore artistico, in questo caso anche sovrintendente. Una volta scelti i titoli e gli interpreti, lì inizia il lavoro, al fianco degli artisti. Curare che ci siano le condizioni perché l’artista possa esprime al meglio la sua arte, a volte indirizzare le scelte perché il lavoro abbia un’impronta, non solo dell’artista, ma del teatro in cui si sta lavorando. È un lavoro molto sul campo, di grande fascino». 

Bernardino Zappa

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