«Scuole, cortili, Rsa. I burattini entrino
nella vita della città»

L’INTERVISTA . Cristina Loglio è la nuova presidente di Fondazione Ravasio: «Vogliamo rendere Bergamo la capitale italiana del teatro di figura».

Bergamasca purosangue, ma con una vita personale e professionale che la ha portata a vivere fra Roma e Washington. Ora Cristina Loglio torna a Bergamo – dove ha sempre tenuto casa - come nuova presidente di Fondazione Ravasio - Museo del Burattino. La sua nomina si inserisce in un cambio di statuto di Fondazione Ravasio per adeguarsi alle norme per gli enti del Terzo Settore.

La storia della Fondazione Ravasio

Costituita nel dicembre 1993 da familiari e operatori del settore – fra cui Cristina Loglio - per mantenere viva l’eredità artistica del burattinaio Benedetto Ravasio e della moglie Giuseppina Cazzaniga, ora assumerà la denominazione «Fondazione Ravasio - Museo Del Burattino - Ente del Terzo Settore»; divenendo anche Fondazione di partecipazione. È stato nominato anche il nuovo Consiglio di Amministrazione, che, oltre alla presidente Cristina Loglio, vede i consiglieri Sergio Ravasio (figlio di Benedetto, presidente uscente) e Annamaria Ravasio, oltre alla nomina dell’Organo di Controllo nella persona di Marco Beolchi. Luca Loglio rimane direttore del Museo e della Fondazione.

Breve biografia della nuova presidente

Cristina Loglio, prossima a compiere i 70 anni, vive da trenta fra Roma e Washington, dove il marito americano insegna all’università, ma promette di tornare più spesso a Bergamo. Nella sua carriera ha svolto incarichi dirigenziali all’Agis (Associazione generale italiana dello Spettacolo), di docenza alla Scuola d’arte drammatica Paolo Grassi, di capo segreteria del ministro dell’Istruzione, consigliere del ministro della Cultura Franceschini, componente della commissione Educazione dell’Unesco e molti altri. Ha contribuito a varie fasi della elaborazione delle politiche europee per la cultura, partecipa con cariche elettive e contribuisce a diversi network europei. Attualmente è vice presidente dell’associazione europea Europa Nostra, consigliere del Touring Club Italiano e componente della commissione Arte e Fede della Santa Sede.

Quali sono gli obiettivi che si pone come nuova presidente?

«Far sì che il burattino sia presente nella vita di Bergamo: nelle scuole, negli ospedali, nelle Rsa, nei cortili delle case popolari. Le finalità non sono solo di rappresentazione, ma anche quelle tipiche della componente museale di formazione e restauro, valorizzazione dei copioni e delle baracche e delle fotografie. A questo proposito, stiamo raccogliendo immagini e video degli spettacoli. Vogliamo rendere Bergamo capitale italiana del teatro di figura, non solo noi della Fondazione, ma con l’Università, i teatri, la Regione, la Provincia. Ho preso il testimone dall’architetto Sergio Ravasio, una famiglia che ha voluto mantenere il ricordo dei genitori tenendo viva la tradizione. La famiglia Ravasio mi ha scelto e si è dotata di un nuovo statuto per cogliere tutte le opportunità del Terzo settore».

I burattini possono davvero essere universali?

«Il teatro di figura è presente in tutto il mondo, anche in luoghi insospettabili. I burattini venivano usati per l’istruzione dei fanciulli nelle famiglie nobili. A Ventotene i confinati usavano i burattini della tradizione emiliana per rappresentare le loro storie. Mimmo Cuticchio (a Bergamo dal 31 agosto al 3 settembre, ndr) racconta l’epopea garibaldina attraverso i pupi siciliani».

Come si è avvicinata al mondo del teatro di figura?

«Il mio percorso teatrale è stato solo inizialmente legato alla città. Ho una lontana parentela con la famiglia Ravasio perché due figli dello zio Giulio, medico condotto a Bonate, sposarono due figli di Benedetto e Giuseppina Ravasio. Mio padre è fratello del bisnonno di Luca, quindi io e il direttore siamo cugini di terzo grado. Ma con Benedetto Ravasio ho avuto soprattutto una forte vicinanza professionale. Mi sono laureata in Lettere alla Statale di Milano e ho frequentato la scuola del Piccolo Teatro, dove ho poi insegnato per vent’anni organizzazione teatrale. A Bergamo ho collaborato con Gian Pietro Galizzi, allora assessore alla Cultura della Provincia di Bergamo per la programmazione delle biblioteche, che in quegli anni iniziarono a proporre spettacoli teatrali e musicali. Facendo consulenza ho conosciuto bene Benedetto e Giuseppina».

Che ricordo ne ha?

«Loro erano il Gioppino. Nella loro storia si concentravano tanti saperi: animavano i burattini, li costruivano, restauravano, scrivevano i testi, attingendo alla Commedia dell’Arte, ai romanzi, a episodi storici, a opere liriche. Avevano una forte consapevolezza del proprio ruolo sociale, oltre che culturale».

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