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Martedì 29 Giugno 2021
Ritrovamento all’UniBg di Sant’Agostino, tombe medievali nel chiostro minore
Una trentina di sepolture scoperte in Sant’Agostino nella sede dell’Università degli Studi. Il rettore: «Occasione per gli studenti di sperimentare sul campo ciò che stanno imparando in aula»
Sono una trentina, allineate sotto il pavimento del chiostro minore di Sant’Agostino. Il loro ritrovamento ha fatto fare un balzo all’indietro nel tempo di almeno 6-700 anni, aprendo scenari d’interesse storico, archeologico e antropologico per l’attività di docenti e studenti dell’Università di Bergamo, chiamati ad indagare sulla loro storia e su uno spaccato di vita della città ai tempi del Medioevo.
La scoperta di due filari di tombe antiche, in parte rovinate dal tempo e da altri interventi successivi, e in parte ancora ben tenute, al punto da poterne scorgere colori ed epigrafi, è un fatto di per sé straordinario, ma non del tutto inatteso, dato che in passato ne erano state trovate un centinaio proprio sotto il pavimento dell’ex chiesa, oggi aula magna dell’Ateneo, che per ragioni pratiche e logistiche sono state poi rinterrate, dopo uno studio approfondito sulle loro caratteristiche.
Quelle emerse qualche settimana fa su due lati del chiostro minore durante i lavori di ristrutturazione dell’area, saranno a loro volta studiate e valorizzate, sotto il coordinamento della Soprintendenza, che sta seguendo la vicenda passo dopo passo, insieme all’università.
Il rettore: scoperta sensazionale
«Stiamo parlando di una grande scoperta – spiega il rettore Remo Morzenti Pellegrini – che sarà da studiare e da valorizzare. Sarà un’occasione in più per i nostri studenti di sperimentare sul campo quello che stanno imparando in aula».
Nel tempo l’università di Bergamo si è creata un’importante esperienza in campo archeologico, tanto che i suoi docenti vengono spesso chiamati in tutta Italia per tenere lezioni, laboratori e consulenze di archeologia medievale, com’è successo di recente in Valtellina, dove l’ateneo ha collaborato alla rilevazione di antichi reperti al Castello di Teglio e a un progetto di valorizzazione della roccaforte trecentesca del Comune di Castello dell’Acqua. Il ritrovamento delle tombe in Sant’Agostino è senz’altro una possibilità in più che si apre per mettere a frutto le competenze di docenti e ricercatori proprio all’interno dell’università.
«È molto interessante per la storia del luogo – dice Giulio Mirabella, docente di Restauro e Conservazione dell’edilizia storica – poter documentare tramite uno scavo accurato la consistenza e l’estensione di queste tombe, che appaiono organizzate in muretti paralleli ortogonali ai lati del chiostro stesso e che dovevano essere coperte con lastre di pietra o in alcuni casi con voltini in mattoni. Lo scavo si presenta molto meno esteso di quello che ha interessato la chiesa, ma potrebbe ugualmente dare buoni risultati».
Le epigrafi trovate sulle tombe rinvenute lungo il lato sud e quello est del chiostro consentono di circoscrivere le strutture a un periodo compreso tra il XIV e il XV secolo. «La tipologia di sepoltura, che può senza ombra di dubbio essere ritenuta “privilegiata” rispetto al panorama tardomedievale, porta a ritenere tali inumazioni come tombe di famiglia – spiega Riccardo Rao, docente di Storia Medievale, che si sta occupando del ritrovamento insieme a Federico Zoni, archeologo e assegnista di ricerca dell’Università –. Nel caso in cui le inumazioni siano ancora in buono stato di conservazione, lo scavo potrebbe riportare in luce i resti antropologici dei gruppi famigliari deposti in S. Agostino, oltre a eventuali reperti lasciati a corredo delle varie deposizioni (come ceramiche, oggetti devozionali, ad esempio rosari, o altri oggetti di uso quotidiano) o a elementi dell’abbigliamento che i defunti indossavano al momento della loro sepoltura (elementi di cintura, bottoni, spille, armamentario e altro ancora)».
Nessun resto umano
Una prima analisi disposta dalla Soprintendenza ha escluso la presenza di resti umani all’interno di uno degli scavi. Tuttavia, è ancora prematuro fare ipotesi sul materiale che potrà essere trovato all’interno di altre tombe. «Abbiamo avviato alcuni approfondimenti all’interno delle sepolture che però sembrano purtroppo compromesse da interventi successivi – spiega la soprintendente Stefania De Francesco –. Non è detto che sia così per tutte: non ci sono elementi per affermarlo con certezza. Alcune potrebbero darci qualche dato in più sull’utilizzo dell’area funeraria».
Gli scenari futuri
L’idea dell’università è anche quella di coinvolgere un antropologo per studiare eventuali ritrovamenti ossei. Al momento gli scenari sono almeno due: «Qualora, come sembra, le deposizioni si presentassero vuote, spogliate nel corso di precedenti lavori nell’area, ad esempio durante la traslazione delle lapidi avvenuta sul finire dell’800, lo scavo di più fosse consentirà comunque di valutare le tipologie funerarie impiegate nei rituali cimiteriali tardomedievali bergamaschi – dice ancora Riccardo Rao –. Non si può inoltre escludere il recupero di alcuni oggetti legati alla cultura materiale ancora in giacitura residuale all’interno degli strati di riempimento delle fosse. In tale scenario si potrebbe rendere utile definire un numero coerente di strutture da rendere oggetto di scavo, ad esempio solo il gruppo pertinente al lato sud del chiostro piccolo».
Viceversa, se ulteriori accertamenti porteranno al ritrovamento di resti umani, com’è però improbabile, i ricercatori potranno provare a rispondere a molte più domande sulle pratiche funerarie tra il Trecento e il Quattrocento.
Studi sulle pratiche funerarie
«Innanzitutto – aggiunge Rao – sarebbe interessante valutare il numero di individui deposti in un’unica struttura. Sovente, trattandosi di tombe di famiglie illustri, gli inumati più antichi non venivano traslati negli ossari ma semplicemente “ridotti” nella stessa sepoltura al momento di una nuova deposizione. Questo dato consentirà inoltre di valutare la continuità d’uso di quest’area cimiteriale. Inoltre, la presenza di individui all’interno delle fosse renderà molto più alta la probabilità di recuperare oggetti di corredo o del vestiario, fornendo al contempo nozioni sulle pratiche funerarie e sulla vita quotidiana della società tardomedievale». Lo studio di eventuali resti ossei potrebbe inoltre fornire informazioni sullo stato di salute degli individui, sulle patologie più frequenti e sull’età anagrafica degli inumati. Talvolta le sepolture di questo periodo restituiscono oggetti di pregevole fattura, a volte integri nelle loro forme, che se successivamente restaurati possono diventare oggetti di una mostra o di una installazione permanente all’interno delle nuove strutture di S. Agostino. Quel che è certo è che la scoperta verrà senz’altro valorizzata; le tombe, invece saranno ricoperte.
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