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Cultura e Spettacoli / Hinterland
Lunedì 24 Febbraio 2025
Rick Wakeman: amo il prog rock perché è libertà senza regole
L’INTERVISTA. Lo storico tastierista degli Yes sarà il primo marzo al Cine-Teatro Seriate per un concerto. Artefice di scenari sonori di grande suggestione e album entrati nella storia del rock, a partire dagli anni ’70.
È un campione del progressive rock, delle tastiere, Rick Wakeman, un musicista straordinario che vanta una carriera unica. Arriva il 1° marzo al Cineteatro «Gavazzeni» di Seriate e certo per tutti gli appassionati del genere l’occasione dell’incontro è più che allettante (ore 21; biglietti disponibili). Un concerto dell’ex tastierista degli Yes è pur sempre un’esperienza particolare, tanto più ora che il bagaglio musicale di Wakeman si è ingigantito, diversificato. Il musicista inglese ha alle spalle una carriera lunga e tortuosa, che l’ha portato a collaborare con un grande numero di artisti importanti. Di stagione in stagione ha realizzare dischi in solitudine, altri con musicisti e band entrati nella storia della musica rock. Da tempo il tastierista ripete che con l’età qualcosa deve cambiare, ma il tempo si sta dilatando. Ha promesso a se stesso di chiudere con l’esperienza in solo per cambiare le abitudini performative. Quella che sta affrontando in solitudine con le sue tastiere potrebbe essere l’ultima tournée.
Dagli Strawbs agli Yes
Originario di Perivale, Inghilterra, classe 1949, Wakeman si forma come pianista classico. Passa alle tastiere elettroniche, inizia a suonare da professionista negli anni ’70. Prima si lega alla band degli Strawbs, nel 1970, passa agli Yes l’anno dopo. Con tale band il percorso sarà cruciale nella stilizzazione del progressive britannico. Rick non si è mai fermato, ha intrapreso una fruttuosa carriera solistica parallela all’impegno con la band fondata da Jon Anderson. Album come «T he six wives of Henry VIII», del 1973, «Journey to the centre of the Earth» dell’anno dopo, «The myths and legends of King Arthur and the Knights of the Round Table» del 1975 restano a testimoniare grande intensità progressive e freschezza d’idee. Wakeman nella sua carriera ha inciso un centinaio di dischi tra progressive, musica classica, new age. Lo abbiamo sentito per conoscere le sue intenzioni, capire cosa proporrà in occasione del concerto bergamasco e quali saranno le scelte a fine tour. «Non so davvero cosa accadrà - spiega Wakenman -. Continuerò a suonare, a esibirmi, ma in questo momento non so dire come. Forse coinvolgerò altri musicisti e tastieristi, al momento onestamente non ho certezze a riguardo».
«Ci sono stati momenti davvero magici, ma sono finiti dopo la morte di Chris Squire e Alan White. Erano una parte fondamentale della band; noi cinque avevamo una chimica unica, irripetibile. L’ultimo tour che abbiamo fatto insieme tra il 2002 e il 2005 è stato magnifico. Guardo il film del festival di Montreux sempre con stupore»
Cosa ci può dire della suite «Yessonata» che di solito è al centro del concerto in solo?
«È un “piano piece” nato da un’idea del mio manager. All’inizio ero scettico, pensavo che non funzionasse. Mi sbagliavo. Sono circa 30 temi con melodie differenti che ho suonato con gli Yes. Ho messo insieme tutto quanto adattando i vari frammenti. Ogni sera la suite viene suonata in maniera diversa, a seconda di come collego i diversi brani, gli accordi che mi va di usare, della bontà del piano a disposizione».
Quali sono i ricordi più intensi della sua esperienza con gli Yes?
«Ci sono stati momenti davvero magici, ma sono finiti dopo la morte di Chris Squire e Alan White. Erano una parte fondamentale della band; noi cinque avevamo una chimica unica, irripetibile. L’ultimo tour che abbiamo fatto insieme tra il 2002 e il 2005 è stato magnifico. Guardo il film del festival di Montreux sempre con stupore».
Il progrock non sembra aver fine. Perché questo genere di musica è così resiliente secondo lei?
«Perché dà al musicista la libertà di andare in qualsiasi direzione musicale. Non ci sono regole nel progrock e questo è il motivo per cui lo amo così tanto».
Come è cambiata la sua musica da «The Six Wives Of Henry VIII»?
«Penso che ogni cambiamento sia stato generato dall’avanzamento della tecnologia della tastiera e lo stesso vale per le registrazioni. Cose che una volta sembravano impossibili oggi sono del tutto fattibili».
«I miei tempi con gli Yes se ne sono andati da tempo, mi piacerebbe fare di più con la mia band, “The English Rock Ensemble”. Ma chi può sapere che cosa ci porterà il futuro?»
Quali ritiene siano i momenti più significativi della sua lunga carriera?
«Per onestà credo debbano essere gli altri a dirlo. Non sono nella condizione di guardare ai quasi 70 anni che ho dietro le spalle per rispondere a questa domanda. Sebbene questa sia un’eccellente domanda perché mi mette nelle condizioni di riflettere! Ci penserò».
Ha suonato con grandi artisti, quali ricorda con maggiore piacere?
«Su tutti David Bowie. Ho imparato tanto da lui e dai suoi produttori. Tony Visconti, Ken Scott e Gus Dudgeon, sapevano tirare fuori il meglio da uno studio di registrazione. E poi sapevano scegliere i musicisti più idonei a qualsiasi progetto».
Cosa vede nel suo futuro? Le piacerebbe tornare a suonare con la sua vecchia band?
«I miei tempi con gli Yes se ne sono andati da tempo, mi piacerebbe fare di più con la mia band, “The English Rock Ensemble”. Ma chi può sapere che cosa ci porterà il futuro?».
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