
Cultura e Spettacoli / Val Calepio e Sebino
Venerdì 14 Marzo 2025
Paolo Jannacci: «Abbiamo paura del futuro, l’artista può essere scintilla»
IL CONCERTO. In vista del doppio spettacolo al Teatro Crystal di Lovere il 15 e 16 marzo con i brani del padre Enzo e di Paolo Conte, il cantante e compositore si racconta. «Ci sono grandi talenti, ma la musica viene prodotta in serie. Al mio nuovo album lavoro da otto anni».
Invece che restare schiacciato dall’ombra del padre, Paolo Jannacci ha saputo costruirsi una carriera artistica e musicale di tutto rispetto senza timore di «essere il figlio di Enzo» il quale, evidentemente, ha saputo svolgere bene il proprio ruolo educativo fin da quella volta in cui disse al figlio «non avere paura». «Peccato – ironizza Paolo Jannacci, ricordando l’episodio risalente oltre trent’anni fa – che fosse un attimo prima di salire su un palco in piazza Duomo: era Carnevale, e mio padre doveva esibirsi in concerto. Io gli risposi “ma di cosa?” e di colpo mi ritrovai di fronte alla gente, 80mila persone o forse più, che ci guardavano. Fu come essere gettato nel mare per imparare a nuotare».
Insegnante e compositore
Il corso accelerato ha dato i suoi frutti, tanto che oggi Paolo Jannacci è uno dei musicisti più eclettici della sua generazione (ha 52 anni) e alterna il lavoro di insegnante a quello di compositore, insieme a quelli di chansonnier e arrangiatore. Il 15 e il 16 marzo sarà a Lovere per esibirsi al pianoforte sul palco del Teatro Crystal con lo spettacolo «In concerto con Enzo» accompagnato da Stefano Bagnoli alla batteria, Marco Ricci al basso elettrico e Daniele Moretto alla tromba.
Una scaletta «raffinata»
«La nostra esibizione – racconta – offre al pubblico uno spettacolo di canto e musica, che comprende il mio repertorio di brani jazz originali e le canzoni di Enzo: quando ho avviato questo progetto, ho ripreso in mano la sua ultima scaletta e l’ho raffinata, aggiungendo dei brani che secondo lui erano troppo difficili e non venivano capiti, come ad esempio Musical che invece adesso ha un grande successo; poi ovviamente ci saranno le canzoni più famose come Io e te, Ci vuole orecchio, E la vita, la vita, Messico e nuvole, Vengo anch’io, Vincenzina… Poi porto sul palco un omaggio a Paolo Conte, con Bartali e Parigi, fino ad arrivare a El portava i scarp del tennis, la canzone manifesto dell’umanità di mio padre».
Ma esiste ancora Milan col coer in man?
«Purtroppo no, perché la città sta diventando sempre più internazionale e più dissociata da se stessa: Milano nel dopoguerra era conscia di essere una piccola città ma di grande temperamento, intensa, volenterosa, produttiva, innovativa; adesso ci siamo tutti un po’ sterilizzati, siamo più egoisti perché abbiamo paura degli altri, del futuro, di quello che ci può succedere».
Di fronte a questa regressione cosa può fare un artista?
«Può suggerire, può stimolare la riflessione e l’approfondimento proponendo storie, canzoni e immagini. Un artista può essere scintilla».
Il panorama artistico però non sembra essere particolarmente fertile.
«Credo che mio padre apprezzerebbe i talent show musicali, ma da giudice esigerebbe anzitutto il rispetto per i ragazzi in gara. Anche io li guardo e li seguo perché in quei contenitori ci sono dei grandi talenti, ma il problema è che in questo momento la musica viene inscatolata e prodotta in serie come in catena di montaggio: non è così che gli artisti hanno creato il cambiamento, crea un elemento di rottura nelle abitudini di ascolto del pubblico. Io sono ormai otto anni che sto lavorando al mio nuovo disco in cui affronto diverse tematiche che riguardano la nostra società; forse gli ho dato un’attenzione estetica anche eccessiva, ma lo sento mio in tutto e per tutto. Proprio in questi giorni sto mixando l’ultimo brano, ieri ho definito la scaletta ed è ormai pronto: un vero e proprio long playing, se ancora possiamo usare questa espressione, che però non so ancora chi lo farà uscire, ma questo è un altro discorso!».
Ultima domanda: il politicamente corretto starebbe stretto a Enzo Jannacci?
«Quando seguivo il suo lavoro, gli chiedevo: ma papà, questo lo possiamo dire? E lui immancabilmente mi rispondeva “certo, perché?” e la discussione finiva lì. Ha sempre fatto quello che riteneva giusto e nessuno gli ha mai detto niente, superando inevitabili contrasti. Oggi invece la soffriamo molto: più di una volta ho dovuto fare una censura su me stesso, nel mio precedente disco io e il mio amico Paolo Re ci eravamo accorti che una certa parola poteva essere male interpretata e così l’avevamo cambiate. Purtroppo gli artisti oggi hanno questa pistola puntata contro. Per fortuna riusciamo ancora divertirci lo stesso».
L’appuntamento è fissato per il 15 marzo a Teatro l Crystal alle 20,45, e il 16 marzo alle 16. Informazioni sui biglietti al numero 333-1090049.
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