Nelle foto di Basilico uno sguardo lento che rivela l’anima della città

MOSTRA. Inaugurata negli spazi di Astino «Ambiente urbano 1979 - 1980»: una selezione di scatti d’autore che raccontano i luoghi di Milano. Il curatore Benigni: «Consapevole di immortalare un mondo destinato a scomparire, le sue foto sono l’esito di uno sguardo artistico».

Gabriele Basilico (1944 - 2013) porta la «sua» città nel cuore di Astino: affollata inaugurazione il 14 giugno al Monastero per la mostra «Ambiente urbano, 1970-1980» che chiude il ciclo di incursioni nella grande fotografia di paesaggio italiana, curato negli ultimi 10 anni da Corrado Benigni.«Da subito abbiamo scelto di dare centralità al tema della fotografia italiana ai massimi livelli, – ha sottolineato il presidente della Mia Fabio Bombardieri – trovando una grande rispondenza anche a livello nazionale e internazionale. Dieci mostre che abbiamo offerto in completa gratuità, per agevolare la partecipazione di tutti, compresi i sempre più numerosi turisti stranieri che ormai trovano Astino segnalata nelle guide internazionali».

Le neo sindaca

All’inaugurazione si sono idealmente passati il testimone il sindaco uscente Giorgio Gori e la neo sindaca Elena Carnevali, in una delle sue prime uscite: «Astino è un luogo che ci ha

restituito un patrimonio di straordinario valore, preservando la sua unicità ma trasformandolo in uno spazio della cultura e della biodiversità». Carnevali, che ha confessato di essere appassionata della fotografia, ha citato le parole di Basilico: «Le città sono come un libro che bisogna leggere per intero, diversamente si rischia di non afferrarne il senso. La periferia, i margini e le zone di nuova espansione…». La sindaca ha concluso: «In mostra leggiamo che cosa sono le città in trasformazione, che è anche ciò che accade sotto i nostri occhi per Bergamo».

Un percorso coerente

Ritorno alle origini del progetto fotografico di Astino per il curatore Benigni: «Poco prima di realizzare la prima mostra, nel 2015, Astino non era che un rudere e lentamente abbiamo anche noi contribuito a riempire questo splendido contenitore e a migliorare la cultura visuale di questa città. Abbiamo voluto costruire un percorso coerente, dedicato alla grande fotografia italiana a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 del Novecento, che ha inciso anche sul nostro modo di guardare il paesaggio, che è stato il filo conduttore che si è declinato nelle interpretazioni di alcuni dei maggiori fotografi italiani. Astino stesso, del resto, è una forma del paesaggio».

Lunga ricerca d’archivio

La mostra, che si potrà visitare fino al 10 novembre, offre uno spaccato meno noto della fotografia di Basilico, ma che spiega le origini del suo sguardo sulla città: «Se in quasi tutte le

immagini di Basilico la figura umana è assente, - prosegue Benigni - dalla lunga ricerca d’archivio sono emerse numerose fotografie inedite in cui compaiono operai, bambini che giocano, anziani, contestatori… La consapevolezza di Basilico di i mmortalare un mondo destinato a scomparire rende le fotografie in mostra un documento, oltre che l’esito di uno sguardo artistico. Non limitatevi dunque a guardare le fotografie ma guardate dentro queste fotografie alla ricerca di quei dettagli che fanno la loro grandezza. Basilico non è stato un fotografo dello scatto ma dello sguardo lungo e paziente».

Indagine sulle periferie

La mostra infatti propone 50 immagini in bianco e nero, realizzate negli anni Settanta a Milano, prima di Ritratti di fabbriche, uno dei progetti più importanti della fotografia italiana contemporanea. In questi anni Basilico per interesse personale e per una serie di collaborazioni indaga le periferie di Milano in un momento in cui l’impatto del processo di de-industrializzazione appare ormai evidente. Il suo sguardo si sofferma su luoghi legati alla storia operaia della città: grandi quartieri residenziali, stabilimenti industriali, spazi interstiziali, distribuiti in diversi quartieri, da Quarto Oggiaro al Gallaratese, da Baggio al quartiere Sant’Ambrogio, dalla Bovisa al comparto sud fino a piazzale Corvetto. Si interessa ad architetture che sono i simboli di qualcosa che sta entrando a far parte del passato, in un gesto progettuale che lo prepara a portare un’attenzione indifferenziata su ogni parte della sua città.

Un omaggio a Milano

A supportare Benigni nella costruzione della mostra è stata la moglie di Basilico, Giovanna Calvenzi: «È stato un anno piacevole, in cui abbiamo ripercorso questo lavoro degli inizi che Gabriele aveva realizzato in modo molto spontaneo, cui teneva molto ma che non aveva mai affrontato in modo sistematico. Confesso che quando vedevo allora queste immagini pensavo: ma come gli viene in mente di fotografare queste cose di scarsissimo fascino? Riguardandole oggi ci trovo un omaggio alla sua città come raramente ne ho visti». Calvenzi ha ricordato anche il forte legame tra Basilico e Bergamo, città che aveva anche fotografato: «Bergamo era la sua seconda città, quella in cui ha intessuto legami di vero affetto». La mostra è accompagnata da un volume bilingue, italiano e inglese, pubblicato da Electa, con 100 immagini selezionate dalla ricerca iconografica di Andrea Elia Zanini, con testi di Corrado Benigni e Fulvio Irace.

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