Londra, restyling della National Gallery con «firma» di un architetto bergamasco

Spazzato via lo smog . Il lavoro di ripulitura dell’edificio è stato coordinato dal project manager Livio Mazzoleni, di Villa d’Adda. A soli 32 anni ha fatto riportare la facciata allo splendore del 1830 quando venne inaugurata.

In Trafalgar Square, a Londra, è tornata a risplendere la facciata della National Gallery, lo scrigno delle più preziose opere d’arte al mondo. In occasione dell’anniversario dei 200 anni di fondazione è stata restaurata con un delicato e lungo intervento di ripulitura. Il coordinamento del progetto, con il ripristino della pietra all’originario aspetto del 1830, porta la firma bergamasca del giovane architetto Livio Mazzoleni, trentaduenne, che da alcuni anni è project manager della National Gallery. Originario di Villa d’Adda, dove vivono papà Ferdinando Mazzoleni con mamma Lucia Ferrari, e a Sotto il Monte il fratello Marcello, Livio è bergamasco doc: ha frequentato il liceo scientifico Mascheroni e poi il corso di laurea in Ingegneria edile-architettura nella sede di Lecco del Politecnico di Milano.

«Finita l’università - racconta Livio - ho lavorato per un po’ in Italia per uno studio di 10 architetti. Poi nel gennaio 2019 sono partito per Londra, dove ero già stato nel 2016 per un tirocinio in una società che si occupa di salvaguardi dell’architettura storica». Nel febbraio 2020, poco prima del lockdown per Covid, viene assunto alla National Gallery nel Building department come coordinatore dei lavori e ora è diventato project manager. «Quando arrivai a Londra, alcuni conoscenti mi avevano suggerito di tener d’occhio i bandi di concorso della National Gallery perché saltuariamente si aprono delle posizioni - racconta Livio -. Inoltre sono un grande appassionato d’arte, quindi non mi sono lasciato sfuggire l’occasione. Ho partecipato al concorso e sono stato assunto».

Strati di polvere e smog

Un’opportunità straordinaria per il giovane architetto bergamasco che è corrisposta proprio con l’avvio della progettazione del restyling della facciata dell’antico palazzo. Quest’anno ricorrono i 200 anni della fondazione della National Gallery Fondazione e per l’importante anniversario è stata programmata la sistemazione della facciata. L’ultima ripulitura risaliva agli Anni ’80 e lo smog di Londra aveva lasciato pesantemente il segno. «Nessuna questione di stabilità - sottolinea Livio - solo pulizia degli strati di polvere accumulati nel tempo. Il progetto è stato finanziato da “The Giulia and Hans Rausing Trust”. Io ho seguito tutto l’andamento dei lavori: è stata fatta una pulizia conservativa, rimuovendo lo sporco e cercando di mantenere la patina del tempo. Quindi sono stati usati metodi non aggressivi». Inizialmente la facciata è stata pulita a secco, sostanzialmente spazzolata. Poi è stato effettuato un passaggio con acqua riscaldata a 150 °, quindi con acqua vaporizzata a bassa pressione che ha tolto il primo strato di sporco.

Impacchi d’argilla

«Dove è stata necessario andare un po’ più a fondo, all’acqua super-riscaldata è stato mescolato carbonato di calcio in polvere e quindi leggermente abrasivo ma non a tal punto da danneggiare la facciata. Dove lo sporco è entrato più in profondità nella pietra, abbiamo usato impacchi d’argilla portando così in superficie le incrostazioni più ostiche da ripulire. Praticamente è come se avessimo fatto la maschera alla facciata per liberare i pori. Inoltre sono state fatte delle riparazioni minori, tra certi blocchi di pietra dove la malta si era consumata. C’erano certe parti in cui l’acqua è penetrata, quindi abbiamo dovuto rifare alcune sezioni delle cornici delle finestre in piccoli punti o alla base delle colonne. È stato un intervento di pulizia molto conservativa. In 200 anni l’interno della galleria è cambiato molto, mentre la facciata è uno dei maggiori elementi che sono ancora originari della prima produzione, quindi abbiamo cercato di mantenerla il più possibile come era nel 1800».

È stato un intervento complesso che ha richiesto sulle impalcature la presenza contemporanea fino a venti tecnici. Anche perché c’erano parti che non erano mai state pulite, dietro le statue o in posti molto difficili da raggiungere.

La pietra di Portland

«Abbiamo riportato all’antico splendore - spiega Livio Mazzoleni - la pietra di Portland, un materiale naturale relativamente morbido e poroso estratto nel Dorset, nel sud dell’Inghilterra. Un intervento di ripristino della facciata che è durato quattro anni. Un lavoro delicato realizzato con molta cura e a attenzione e che ha restituito non solo ai londinesi, ma al mondo intero, un edificio monumentale straordinario. Re Carlo sarà molto fiero, lui è molto vicino alla National Gallery, ne è patrono e mecenate».

La soddisfazione di aver contribuito a uno dei principali restauri di Londra, l’architetto bergamasco Livio Mazzoleni non nasconde l’emozione di poter varcare tutti i giorni l’ingresso della National Gallery. Non è da tutti, a soli 32 anni, alzarsi al mattino con la prospettiva di vivere attorniato da meravigliose opera d’arte. «C’è il rischio che diventi un’abitudine - ammette Livio - ma non è così scontato, io quando attraverso Trafalgar Square resto senza parole, tutti i giorni. È un’emozione che si fatica a raccontare. Senti la grandezza, la magnificenza di cui sei circondato. Non è solo l’importanza storico artistica del luogo di lavoro ma è anche il piccolo contributo che posso dare alla storia, all’arte, all’architettura di questo edificio».

Il Moroni come a casa

Livio ammette di sentirsi anche un po’ a casa, perché nel museo sono conservati quadri di diversi autori italiani e, in particolare, bergamaschi come il Moroni. «Sono tantissime le opere che mi affascinano, che mi ripagano di tutta la mia giovane vita. Sono parecchie, perché sono una meglio dell’altra. Però se devo sceglierne una, penso al Sarto del Moroni. Sicuramente anche perché l’ho visto in mostra a Bergamo e quindi rivederlo qui mi emoziona molto. Diciamo che è sempre il mio riferimento personale, è un’opera che dice da dove vengo e allo stesso tempo è un quadro unanimamente considerato straordinario dai critici d’arte. Poi ci sono tutte le opere del Caravaggio che, solo quelle, valgono il viaggio».

Quei volti molto bergamaschi

Il ponte tra Bergamo e Londra è ben tracciato per il giovane architetto originario di Villa d’Adda. Un ponte in grado di far vivere emozioni a latitudini diverse e che evidenzia la grande fortuna di poter lavorare tutti i giorni davanti ai capolavori dei più grandi artisti della storia. «Qui il ponte immaginario è con tutto il mondo - chiarisce Livio - ma con l’Italia c’è un legame particolare. È molto nutrita la collezione di opere italiane, c’è per esempio anche il Canaletto che è molto apprezzato dai visitatori. Comunque posso dire che il Moroni è il mio ponte tra le mi origini e la mia attuale vita. Posso dire che questi quadri mi fanno sentire a casa e contemporaneamente mi proiettano in una dimensione internazionale. Devo anche dire anche una cosa buffa: i ritratti del Moroni, ovviamente, hanno delle facce molto bergamasche, quindi a volte mi sembra di passeggiare per le vie di Villa d’Adda anziché tra le sale della National Gallery. Fa molto ridere, ma è così».

L’Ente Bergamaschi nel mondo

L’aggancio tra la nostra terra e la capitale britannica è avvenuto tramite Radames Bonaccorsi Ravelli, presidente del Circolo londinese dell’Ente Bergamaschi nel mondo e prezioso riferimento per tanti giovani che gli hanno chiesto aiuto per un lavoro. «Ci sta assolutamente un riconoscimento a Radames - ci tiene Livio - perché devo dire sicuramente grazie a lui che sono a Londra, mi ha anche ospitato e aiutato parecchio all’inizio. Lo ringrazio per quello che ha fatto per me e per tanti altri ragazzi bergamaschi qui a Londra, è uno snodo importante per chi cerca un percorso lavorativo nella capitale e non solo».

Curatore dello scrigno

Lavorare e ricoprire un ruolo di prestigio a soli 32 anni per la National Gallery è un punto di partenza per una solida carriera. Sembra quasi già un approdo, perché essere il project manager del restyling di un edificio tra i più famosi al mondo, non è da tutti alla prima esperienza di lavoro. « Sì, è vero - ammette Livio - sicuramente mi pongo domande sul futuro. Ma l’oggi è più importante. Qui nella gallery sono sempre molti i lavori da effettuare. È un continuo restauro, rifacimento, quindi ci sono sempre nuovi progetti. Adesso, per esempio, sempre per l’anniversario dei 200 anni stiamo studiando degli interventi per presentare la collezione in maniera un po’ diversa. Stiamo cercando di restaurare alcuni passaggi per cercare di portare l’edificio al suo meglio, quindi anche adesso sto seguendo questa serie di progetti più piccoli. Una serie di progetti interconnessi all’interno delle gallerie per modificare il percorso di esposizione e di visita. Inoltre bisogna considerare che un edificio come la National Gallery ha costantemente bisogno di manutenzione oltre l’ordinario. D’altronde la protezione dell’edificio deve essere proporzionale anche alla difesa delle opere d’arte. Diciamo che devo curare lo scrigno che ha i gioielli sempre dentro. Quindi anche lo scrigno è particolarmente importante. E io devo dedicarmi alla scrigno».

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