Incani, sorprende il dialogo semiserio con sé stesso

OSIO SOTTO. Per «Desidera» lo spettacolo «E io cosa c’entro?»: un Bepi a cui non siamo abituati ma che conquista per il suo stile leggero e di riflessione allo stesso tempo. Il bis il 4 settembre a Sant’Omobono.

Aveva promesso che avrebbe detto la sua. E così ha fatto, davanti al pubblico che si è radunato con largo anticipo nel verde del Santuario di San Donato a Osio Sotto. Lunedì sera (5 agosto) Tiziano Incani, altrimenti conosciuto come il Bepi, ha debuttato a «deSidera Bergamo Festival» con lo spettacolo «E io cosa c’entro?». Un dialogo semiserio con Maria (e con sé stesso), che ha visto il poliedrico artista rovettese – cantautore, romanziere, conduttore televisivo – indossare per la prima volta anche i panni dell’attore teatrale. «E io cosa c’entro?» è la domanda che si è fatto Incani, invitato dagli organizzatori di «deSidera» a provare a costruire uno spettacolo. Far parlare di fede «un uomo che fede non ha» è stato del resto un esperimento, una sfida, come ha sottolineato il direttore artistico del festival Gabriele Allevi.

I ricordi d’infanzia

Una sfida che Incani ha raccolto e fatto propria, tenendo il palco per ben due ore, accompagnato da uno straordinario Valerio Baggio alle tastiere. Legato a doppio filo al Bepi, il personaggio che l’ha reso celebre su tutto il territorio orobico, Incani non rinuncia al dialetto bergamasco, alle note country della sua «Kentucky», con cui apre alla chitarra la rappresentazione. Ma che ci sia molto altro è evidente fin da subito. Incani condivide ricordi dell’infanzia trascorsa a Rovetta, momenti di devozione popolare che strappano una risata dopo l’altra. C’è il catechismo (la «dotrina»), le suonate di campane («un rito di iniziazione» con cui si diventava grandi); le confessioni che il parroco, don Gaetano, amministrava su una «scagna».

Non avere fede non significa non farsi domande, sembra dire Incani, che di domande invece ne fa molte. Cosa significa «è cosa buona e giusta»? Cosa è giusto e cosa è buono? L’artista provoca gli spettatori.

Non avere fede non significa non farsi domande, sembra dire Incani, che di domande invece ne fa molte. Cosa significa «è cosa buona e giusta»? Cosa è giusto e cosa è buono? L’artista provoca gli spettatori descrivendo la sua pianta di mirtilli, attaccata dai merli, raccontando come le amate campanule siano costantemente soffocate da piante infestanti. In natura, riflette senza mezzi termini, il leone e la gazzella lottano entrambi per vincere la fame, e avviene che un ragazzino di quattordici anni che convive con un cancro muoia sotto i ferri di un’operazione. «Il primo passo per essere felici è accorgersi di essere felice» dice, conscio di quanto questo sia complesso.

La replica

Con uno stile vagamente gaberiano, l’artista alterna parti cantate a parti recitate, ironia e leggerezza alla capacità, cinica (o forse solamente lucida), di interrogarsi sul senso del dolore. Ricordando la tragedia che nel luglio del 2019 a Terno d’Isola aveva colpito una mamma e il figlio disabile, morti a poche ore di distanza, Incani si chiede perché Dio non ha fatto il mondo «bene, benino, perfetto». Cita Jovanotti e Domenico Modugno, canta Charlie Cinelli e la commovente «L’ombra della luce» di Battiato, tra gli applausi di un pubblico che se va divertito, ma anche un po’ turbato, per aver visto un Bepi diverso da quello che probabilmente si aspettava. Lo spettacolo, aperto a variazioni e suggestioni nuove («l’improvvisazione è un mio marchio di fabbrica» ha detto Incani), andrà in scena anche il 4 settembre, alle 21, al Santuario della Cornabusa a Sant’Omobono Terme.

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