Il viaggio di 3Bmeteo: «In Amazzonia per capire il clima»

LA SPEDIZIONE. A novembre la spedizione di 3Bmeteo coordinata dalla biologa e attivista Emanuela Evangelista: «Incendi incontrollabili e siccità effetti drammatici dell’aumento delle temperature sugli equilibri della foresta».

«Amazzonia. Una vita nel cuore della foresta». Con questo libro del 2023, pubblicato da Laterza, la biologa e attivista ambientale Emanuela Evangelista ha vinto quest’anno il premio Campiello Natura. Lei vive da oltre dieci anni in un villaggio di palafitte nella foresta brasiliana e nell’opera racconta l’Amazzonia dal punto di vista di un’italiana ormai parte integrante della comunità dei popoli indigeni.

3BMeteo in Amazzonia per studiare gli effetti del cambiamento climatico. Video di www.bergamotv.itwww.bergamotv.it

Documenta, da un lato, l’incanto e le difficoltà di una vita a contatto diretto con la natura in un luogo di affascinante bellezza; dall’altro, la violenza, le miniere illegali, il disboscamento, le speculazioni, il bracconaggio, la lotta degli abitanti per preservare le loro terre. Sarà Emanuela Evangelista la guida del viaggio di osservazione del cambiamento climatico e delle conseguenze che si stanno abbattendo sul più grande ecosistema forestale: la spedizione è la seconda del genere organizzata da 3Bmeteo, il centro di previsioni con sede a Ponte San Pietro, dopo quella dell’anno scorso in Groenlandia ed è stata presentata giovedì 3 ottobre al monastero di Astino in città in un incontro condotto dalla divulgatrice Tessa Gelisio.

L’incontro

Paolo Corazzon, meteorologo, responsabile media e divulgatore scientifico di 3Bmeteo, ha ricordato alcuni dati allarmanti del riscaldamento globale in atto, dovuto alle emissioni di gas serra delle attività umane, la causa dei sempre più intensi e frequenti eventi estremi, come lunghi periodi di siccità e alluvioni violente. La temperatura del 23 luglio scorso (17,15°C) è stata la più calda mai registrata a livello medio globale, in un periodo di ben tredici mesi consecutivi, da giugno 2023 a luglio 2024, che hanno raggiunto il record mensile di caldo. Da marzo 2023 la temperatura globale ha superato ogni mese di più di 1,5°C la media preindustriale: una soglia pericolosa, perché è quella raccomandata dall’Accordo di Parigi per evitare conseguenze ingestibili. Sappiamo che la comunità scientifica ricorda che, per mantenere quell’obiettivo, si dovrebbero dimezzare le emissioni di gas serra, dovute principalmente alla combustione di carbone, petrolio, gas, ogni dieci anni, fino ad arrivare a emissioni nette zero nel 2050.

«In Amazzonia per studiare i cambiamenti climatici»

«Il collasso della principale foresta fluviale del mondo rilascerebbe nell’atmosfera una quantità di CO, il principale gas serra, pari a dieci anni di emissioni globali»

«Il viaggio in Amazzonia – spiega Paolo Corazzon – ci permetterà di conoscere un equilibrio sempre più fragile. La sopravvivenza e la salute del pianeta come le conosciamo ora dipendono molto dalla salvaguardia dell’ecosistema dell’Amazzonia. Le influenze della foresta pluviale sul clima globale sono evidenti. Non possiamo correre il rischio di mettere ancora più a repentaglio la salute della terra a causa delle azioni antropiche». «Sugli equilibri della foresta amazzonica sono evidenti gli effetti drammatici dell’aumento globale delle temperature, esacerbato, l’anno scorso, dalla corrente calda oceanica El Niño», avverte Emanuela Evangelista. «Tra incendi incontrollabili e siccità, che hanno portato i fiumi al livello più basso registrato, l’Amazzonia sperimenta difficoltà senza precedenti. Il collasso della principale foresta fluviale del mondo rilascerebbe nell’atmosfera una quantità di CO, il principale gas serra, pari a dieci anni di emissioni globali, vanificando ogni sforzo per contrastare la crisi climatica». È uno dei punti di non ritorno del sistema climatico. «Partiamo con l’obiettivo di osservare, studiare e ascoltare le voci di chi si prende cura della foresta e di analizzare le conseguenze dello sfruttamento e della deforestazione incontrollata», aggiunge Paolo Corazzon. Il viaggio di osservazione di 3Bmeteo si potrà seguire in diretta: «Il nostro contributo a un maggior rispetto dell’ambiente passa anche dalla condivisione attraverso i social, il sito e l’App di 3Bmeteo della nostra esperienza, per far toccare con mano l’attuale stato di sofferenza e l’estrema vulnerabilità della foresta amazzonica. L’intento è testimoniare e raccogliere informazioni che aiuteranno nel nostro lavoro quotidiano di elaborazione delle previsioni meteorologiche».

Il viaggio

Alla missione in Amazzonia di 3Bmeteo, «A project for the climate change», in programma dal 3 al 19 novembre e coordinata da Emanuela Evangelista, parteciperanno Sergio Brivio, Samuele Catanese, Paolo Corazzon, Edoardo Ferrara, Erika Marani di 3Bmeteo e il fotografo e filmmaker Isacco Emiliani. Il viaggio partirà da San Paolo e si concluderà a Manaus. «La selva è una grande fabbrica di pioggia – spiega Emanuela Evangelista – in cui la vegetazione, conducendo enormi quantità d’acqua dai suoli all’atmosfera, contribuisce alla formazione delle nubi da cui cadono le precipitazioni, che a loro volta sostentano la vegetazione stessa. La combinazione di temperature estreme sempre più alte, lunghi periodi di siccità e perdita di vaste aree di bosco rompe questo meccanismo che si automantiene, provocando reazioni a catena devastanti sia sull’ecosistema stesso sia sul clima, con conseguenze imprevedibili». Carlos Nobre, il climatologo brasiliano premio Nobel ospite l’anno scorso a Bergamo, ci ammonisce: se la deforestazione continuerà, tra 15-30 anni la trasformazione dell’Amazzonia in savana diventerà irreversibile.

Emanuela Evangelista avverte dell’impatto particolarmente devastante della costruzione di strade all’interno dell’Amazzonia, che creano un effetto di degradazione a spina di pesce per la moltiplicazione di direttrici secondarie rispetto alla principale. Il tasso di povertà, poi, nelle zone deforestate aumenta anziché diminuire: non c’è nessuno sviluppo vero per chi vive nel territorio. I popoli della foresta, invece, sono i custodi delle soluzioni per salvarla, consapevoli che anche noi siamo natura e non le siamo estranei così da poterla manipolare a nostro piacimento. La responsabilità della cura dell’Amazzonia è anche nostra, perché il Nord del mondo ha un debito ecologico verso una terra da cui dipende l’equilibrio climatico globale e sfruttata per le sue risorse preziose.

© RIPRODUZIONE RISERVATA