Cultura e Spettacoli / Pianura
Venerdì 22 Marzo 2024
Il senso del sublime, grazia e terrore fuori dalla ragione: il rettore Franzini stasera a Treviglio
NOESIS. Elio Franzini, rettore dell’Università Statale di Milano, stasera (22 marzo) a Treviglio tratterà dell’idea del bello nel pensiero di Edmund Burke.
Nel 1819, a Firenze, Percy Bysshe Shelley era rimasto ammaliato da un quadro raffigurante la testa di Medusa, opera attribuita allora a Leonardo, oggi all’artista fiammingo Otto Marseus van Schrieck. In una poesia, Shelley tentò poi di esprimere il sentimento provato di fronte a un volto che emanava – come leggiamo nella strofa finale – «la grazia tempestosa del terrore».
Come avviene che spettacoli capaci di suscitare un senso di sgomento – la testa tagliata della Gorgone, la smorfia di dolore del «Laocoonte» dei Musei Vaticani, ma anche scene di uragani, di eruzioni vulcaniche, o la visione della Via Lattea nel cielo notturno – non ci inducano a volgere altrove lo sguardo ma, al contrario, lo attraggano? Avrà per tema «Il Sublime di Edmund Burke» la lezione che Elio Franzini, docente di Estetica e rettore dell’Università Statale di Milano, terrà venerdì alle 20.30 a Treviglio allo Spazio Hub, in piazza Garibaldi; l’incontro rientra nel programma del XXXI Corso di Filosofia dell’associazione Noesis (noesis-bg.it).
L’animo dell’ascoltatore
In origine, il termine greco hypsos (poi tradotto con il latineggiante «sublime») significava «vetta», «apice»: in un celebre trattato di un anonimo autore del I o II secolo dopo Cristo (lo Pseudo-Longino) il «sublime» indicava il massimo livello dello stile retorico, in grado non solo di convincere ma di esaltare l’animo dell’ascoltatore (in tali casi, «la nostra anima viene in certo modo elevata dal vero sublime e, assumendo un’altezza fiera, si riempie di gioia e di esaltazione, come se essa stessa avesse generato ciò che di fatto ha udito»).
L’emozione di Burke
In epoca moderna invece, con l’anglo-irlandese Edmund Burke e la sua «Indagine filosofica sull’origine delle nostre idee del Sublime e del Bello» (1757), la parola va incontro a una torsione semantica: «Tutto ciò che può destare idee di dolore e di pericolo – scrive Burke -, ossia tutto ciò che è in certo senso terribile, o che riguarda oggetti terribili, o che agisce in modo analogo al terrore, è una causa del sublime; ossia è ciò che produce la più forte emozione che l’animo sia capace di sentire».
La notte di Kant
Qualche anno dopo, tornando sull’argomento, Immanuel Kant osserverà che «alte querce e ombre solitarie in un bosco sacro sono sublimi, le aiole fiorite, le siepi basse, gli alberi potati a figura sono belli; sublime è la notte, bello il giorno».
«Da un punto di vista storico – afferma Franzini -, a Edmund Burke va ascritto un duplice merito: in primo luogo, egli spostò decisamente la discussione sul “sublime” dall’ambito della retorica a quello dell’estetica, in senso proprio; inoltre, egli operò una sintesi tra idee e spunti già circolanti nella cultura anglosassone del tempo».
«Un conflitto interno»
«Non solo per quanto attiene alla politica – prosegue Elio Franzini -, Burke criticò aspramente le idee dell’Illuminismo: il sublime rappresentava per lui una “pietra di inciampo” per l’estetica dei Lumi, la testimonianza di un conflitto interno alla realtà che la sola ragione non potrebbe comprendere né tantomeno superare. In campo artistico, la dimensione del sublime corrisponderebbe al tentativo di esprimere l’infinito senza che nel mondo sensibile se ne possa trovare un’immagine adeguata».
Questa tensione è ancora presente – domandiamo – nella cultura e nell’arte del nostro tempo? Si ritrova, per esempio, nei «Sette Palazzi Celesti» e nelle altre opere di Anselm Kiefer? «In epoca recente, studiosi come Harold Bloom e François Lyotard hanno effettivamente visto nel sublime il segno di un dissidio che ancora caratterizzerebbe la nostra cultura. Riguardo a Kiefer, sì, credo che nelle sue opere vi sia un elemento di consonanza con l’estetica di Burke, il quale – anticipando la sensibilità romantica – si diceva attratto dal “fascino delle rovine”».
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