Il canto ribelle di Loredana Berté apre il «Bergamo Summer Festival»

L’EVENTO. Domani in Fiera l’artista celebra 50 anni di carriera e di successi: dalla gavetta ai riflettori del Piper, dagli Usa a Sanremo, un saliscendi costellato di brani ormai classici.

«Ribelle» in Fiera, Loredana Bertè inaugura il «Bergamo Summer Festival» giovedì 18 luglio (inizio 21.30; biglietti disponibili), in concomitanza con il concerto di Goran Bregović fissato nella stessa serata al Lazzaretto. Peccato dover scegliere.

Nella diversità sono due figure che hanno dato molto alla musica. Per la Bertè il 2024 segna il cinquantennale di carriera. È un anno importante. La cantante è in pista con il «Ribelle Summer Tour» e un concerto antologico che traduce dal vivo i contenuti dell’omonima raccolta, con 57 brani che ripercorrono la sua avventura artistica. Il triplo album è un inno alla libertà; prova a riassumere l’intera carriera di una «signora» della canzone italiana che ha segnato a tratto indelebile diverse stagioni della nostra musica.

La storia di Loredana Bertè

La storia della Bertè è tutto un programma. Lei ha vissuto le canzoni, la musica, lo spettacolo con tutta se stessa, qualche volte persino sopra le righe. È un cavallo di razza che qualche volta si è imbizzarrito, anche solo per non smentirsi. Da giovane faceva trio fisso con la sorella Mia Martini e Renato Zero. La gavetta è stata formativa. Negli anni Settanta la voce rugginosa inizia a fare la differenza. Il Piper di Roma è un luogo privilegiato per una generazione di artisti in ascesa. L’immagine di Loredana è forte, seduttiva. Gli anni Ottanta la vedono affermarsi con personalità, tra funky americano e canzone d’autore. Fossati scrive per lei. Ma Loredana non è mai contenta: per un disco come «Made in Italy» vola negli States e finisce alla corte di Andy Warhol.

L’album «Traslocando» ha dentro di sé un pezzo simbolo: «Non sono una signora». Gli anni Ottanta del riflusso per la Berté sono impegnati, carichi di successo. Gli anni Novanta entrano nell’immaginario collettivo per il duetto con Mimì a Sanremo, nel 1993. Nel Duemila l’album «BabyBerté» riporta la signora in auge. La carriera di Loredana procede di pari passo con la vita: è un saliscendi, ma i momenti di gloria vincono sempre quelli dell’abbattimento. La strada è lunga e tortuosa, tra momenti difficili e tanti altri sparati alla luna. Nulla mai è dato per scontato. Loredana ogni volta si gioca le carte e rinasce, ogni volta torna da un momento buio con rinnovata energia e quell’istinto creativo che mai l’ha abbandonata.

L’album «Loredanabertè» è il ritorno al futuro di un’artista che sa perfettamente come rappresentarsi: con le canzoni, l’immagine, la grafica. Loredana ritorna sempre al centro. Un album come «Traslocando» viene inserito dalla rivista Rolling Stone nella classifica dei 100 dischi italiani più belli di sempre. All’ultimo Festival di Sanremo lei è tornata con l’unico brano veramente rock in gara. Dopo tante hit, ecco «Pazza» altro brano da mettere a fianco dei classici: «Non sono una signora», «Dedicato», «E la luna bussò», «In alto mare», «Sei bellissima», «Indocina». La voce sempre roca, inequivocabilmente rock, rock blues, la vena sempre incontenibile, perfettamente in sintonia con l’immagine di una donna spesso trasgressiva, sempre schierata dalla parte dell’universo femminile. In Fiera arriva carica di quell’energia che poche altre artiste italiane hanno saputo portare sul palco e nelle pagine dello spettacolo. Eclettica, innovativa, controversa, capace di indicare mode e tendenze, non solo musicali. Lei che dopo un viaggio in Giamaica, conosce Bob Marley, importa il reggae per la prima volta in Italia («E la luna bussò»), lei che vien copiata tanti anni dopo da Lady Gaga, per una messa in scena ai limiti della trasgressione.

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