Il ’900 inquieto e la passione di Schubert nelle «corde» del Quartetto Adorno

SALA PIATTI. Saggio di classe alla serata di apertura della stagione della Società del Quartetto da parte dei quattro musicisti «in residenza» alle prese con brani di Zemlinsky e Webern. Il 7 febbraio si esibirà la pianista Sofia Sacco.

Tra classicità e modernità. La 121esima Stagione della Società del Quartetto, sotto la nuova presidenza di Marco Mazzoleni, non perde tempo a dar segno di una predilezione per la musica dei nostri tempi. Lunedì 3 febbraio nella canonica sede di Sala Piatti, in Città Alta, il Quartetto d’archi Adorno ha dato un saggio di classe di questo «nuovo corso» muovendosi tra Schubert, Zemlinsky e Webern. L’Adorno è stato designato «quartetto in residenza» dal presidente Mazzoleni: un riconoscimento di valore e una diuturna collaborazione col più antico sodalizio musicale di Bergamo.

La serata inaugurale

Venerdì 7 febbraio (alle 20) è in programma il secondo concerto con la prima serata (di due) interamente dedicata all’integrale dei Preludi e Fughe di Shostakovich op.87 per pianoforte, solista Sofia Sacco. È uno dei vari momenti che il Quartetto dedica al grande maestro russo nel 50° anniversario dalla morte. Del resto anche la serata inaugurale dell’Adorno si è schiusa nel segno di Shostakovich, con i tempi finali del Quartetto op.110 (1960) fuoriprogramma, due Adagi spettrali e lacerati, ispirati alla distruzione lasciata dal secondo conflitto nella città di Dresda, per un finale verso est, dopo una serata centrata su Vienna e le sue inquietudini.

Oltre cento recital

La pianista Sofia Sacco ha da poco realizzato l’incisione dell’op. 87, vanta oltre 100 recital tra Europa e Asia. L’interpretazione dei Preludi e Fughe op. 87 di Shostakovich le è valsa il riconoscimento della City Music Foundation, con una seconda videoregistrazione integrale dell’opera dopo quella storica di Tatiana Nikolayeva. Come è facile intuire, l’opera è un omaggio Bach e al suo «Clavicembalo ben temperato» di cui mantiene l’impianto sistematico e la progressione tonale per tutti i gradi, maggiori e minori, con varietà di soluzioni tecniche: tuttavia, oltre alla forma le digressioni, le varianti armoniche moderne e le eccentriche visioni tipiche dell’autore, trapelano in ogni brano della raccolta.

Coesione e compattezza

Il Quartetto Adorno - Edoardo Zosi e Liù Pelliciari, violini, Benedetta Bucci, viola, e Francesco Stefanelli, violoncello -, non è nuovo per il Quartetto di Bergamo. Nell’excursus tra XIX e XX secolo ha mostrato ancora una volta la coesione e l’invidiabile compattezza della formazione. A scapito della relativa giovane età - in fondo il quartetto è stato fondato nel 2015 e il violoncellista iniziale è cambiato -, l’Adorno conferma che anche il nostro Paese sa sfornare organici cameristi d’eccellenza. Nonostante il nome, di ascendenza tedesca (Adorno fu filosofo e musicologo), il quartetto ha saputo imprimere una verve e una carica espressiva intensa e appassionata, che possiamo dire «mediterranea». Questo in ciascuna delle tre pagine proposte, affatto differenti, come scrivono gli stessi componenti.

Gesti sonori e intensità espressiva

Dalla loro una convergenza di accenti, di intenzioni e gesti esecutivi, mettendo in posizioni paritetiche i contributi di ciascuno, senza che apparisse (come non di rado capita) una gerarchia nella gestione dell’interpretazione. Ciò è apparso anche più evidente nelle aforistiche (in questo modernissime) Bagatelle op. 6 di Weber, carico di silenzi oltre che di gesti sonori, e nel Quartetto n.3 op. 19 di Zemlinsky, a margine del serialismo, anche se vicino a Schoenberg e compagni nel condividere sentimenti di oppressione e angoscia del primo dopoguerra (il quartetto è del 1924). Il merito dei quattro archi è stato quello di imprimere passione e intensità espressiva al pari del celebre quartetto «La morte e la fanciulla» di Schubert, diverso nel lessico, non lontano per certe inquietudini.

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