Gli oscuri «Fatti di Sarnico»
Garibaldi e l’ambiguo Rattazzi

Il Generale alle Terme di Trescore per curare l’artrite progettava una spedizione. in Trentino contro gli Austriaci. Ma intervenne il Governo. E Nullo e Ambiveri furono arrestati.

Sono certamente noti i cosiddetti «Fatti di Sarnico», una sommossa, organizzata da un centinaio di insorti, capitanati da Francesco Nullo, con l’appoggio di Giuseppe Garibaldi, con lo scopo di penetrare in Trentino e provocare l’insurrezione contro gli austriaci.

Nel mese di maggio 1862, Garibaldi è in cura alle Terme di Trescore (ai Bagni di Trescore, si diceva fino a metà del secolo corso) per rimediare ai dolori causati da una forte artrite. Lo aveva invitato Giovan Battista Camozzi, senatore del regno, sindaco di Bergamo, città proprietaria dello stabilimento balneare (ma le spese le pagò il comune di Trescore).

Qualche mese prima vi era stato un incontro tra il Generale ed il presidente del Consiglio Urbano Rattazzi, nel quale si era parlato della costituzione di un corpo di volontari, che avrebbero dovuto combattere il brigantaggio. Da qui l’affollarsi, in particolare a Genova, di molti giovani provenienti da ogni parte d’Italia, pronti ad unirsi a Garibaldi. Ma questi è costretto a invitarli a tornare alle loro case: alcuni, dice Garibaldi, che coll’abbandono dei mestieri e delle professioni avevano perduto le risorse con le quali campavano prima, sono inviati in provincia di Bergamo, alloggiati ad Alzano, Trescore e Sarnico, dove avrebbero trovato assistenza. Anche perché, nel frattempo si era sparsa la voce della spedizione garibaldina in Trentino, sotto la guida di Garibaldi.

Già alcuni storici hanno sottolineato la posizione ambigua del Rattazzi: conosciute o sfruttando le voci ricorrenti, non fece nulla per smentirle: confidava di avere la felice sorte del suo predecessore Cavour con la spedizione dei Mille. Se la spedizione fosse andata bene, ne avrebbe avuto il merito, se fosse fallita, la colpa sarebbe stata del Generale. Ma il governo fu costretto a intervenire. Lo fece in maniera maldestra, arrestando molti giovani ad Alzano e Sarnico. Fu arrestato anche Francesco Nullo, con Roberto Ambiveri. Vi furono, poi, proscioglimenti, processi, condanne, amnistie, ecc.

Conseguenza di questa strana vicenda, fu una lunga discussione parlamentare alla Camera dei deputati a Torino il 3,4 5 e 6 giugno 1862, con una serie di interventi di deputati favorevoli al governo (Rattazzi fu costretto a interrompere i rappresentanti dell’opposizione per precisare e ribattere: ma non riuscirà, almeno per la storia, a sconfiggere l’impressione dell’ambiguità del suo comportamento).

Intervennero deputati i cui nomi erano familiari. Da Garibaldi, che il 3 giugno aprì il dibattito, a Nino Bixio, Francesco Crispi, Marco Minghetti, Giovanni Nicotera e Pier Caro Boggio.

Il 6 giugno si dovette arrivare a una votazione. Il verbale della seduta della Camera è interessante e al tempo stesso curioso: il protagonismo, la contrapposizione ideologica, le procedure burocratiche, le inchieste parlamentari, le autorizzazioni a procedere, gli interventi a titolo personale, erano ampiamente in uso già a due anni dall’apertura del Parlamento italiano.

Prima di dare la parola al presidente del Consiglio Rattazzi, il presidente della Camera comunicò che erano pervenuti 5 ordini del giorno da sottoporre a voto.

1) «La Camera, visto che gli atti del Ministero non gli danno diritto alla fiducia, passa all’ordine del giorno». È dell’opposizione, con Benedetto Cairoli.

2) «La Camera, udite le spiegazioni date dal Ministero sugli ultimi avvenimenti, approva il suo operato e, confidando che egli coll’autorità delle leggi, mantenga sempre illese le prerogative della Corona e del Parlamento, passa all’odine del giorno». Della maggioranza, con Marco Minghetti e Luigi Torelli (il futuro fondatore della Società di Solferino e San Martino).

3)« La Camera deplora gli ultimi avvenimenti e, ferma nel proposito che nell’ordine del paese il rispetto delle leggi e la dignità del Governo restino inviolati, passa all’ordine del giorno». Firmano Giovanni Lanza, Ruggero Bonghi ed anche il bergamasco Giovanni Morelli.

4)n «La Camera deplora gli ultimi avvenimenti e, confidando nell’opera energica del Governo perché sia mantenuta illesa l’autorità delle leggi, passa all’ordine del giorno».

5) «La Camera deplora gli ultimi avvenimenti e, confidando nell’opera energica del Governo perché sia mantenuta illesa l’autorità delle leggi, passa all’ordine del giorno».

Come si nota, le ultime due proposte hanno l’identico contenuto: la quarta è firmata dal milanese Antonio Mosca e altri deputati patrioti; la quinta dagli stessi, cui si aggiunge il deputato del collegio di Trescore, che è Gabriele Camozzi.

Buon ultimo, un ordine del giorno, firmato solo da Francesco Crispi, garibaldino dell’opposizione:

6) La camera ordina un’inchiesta parlamentare sulla condotta del potere esecutivo anteriormente e durante i casi di Sarnico e Palazzolo (qui era avvenuto l’arresto di Francesco Nullo e Roberto Ambiveri, partiti da Trescore) e passa all’ordine del giorno.

E continuò l’alternarsi degli interventi. Va segnalato questo passo di Nino Bixio: «Sarnico, Palazzolo e Trescore sono i tre angoli di un triangolo, i cui lati misurano un certo numero di chilometri; non c’è stato a Palazzolo il fatto flagrante per autorizzare l’arresto secondo le leggi, tanto meno a Sarnico, non c’è stato nulla a Trescore, dove si trovava il generale ai Bagni. Si è fatto male ad arrestare quelli che furono arrestati, fu un errore, e si sarebbe fatto peggio d’arrestare Garibaldi, in quanto che il generale Garibaldi, in quanto che il generale Garibaldi è deputato e darebbe stato il caso più impolitico del mondo. Se avessero esaminato più pacatamente, saprebbero che non vi è stata spedizione di sorta, che non vi sono stati imbarchi di sorta; che se si trovavano dei fucili in una cassa, bisogna far processi alle casse, al magazzino in cui erano, non agli uomini che non li avevano… Io sono stato uditore del Generale e rispondo della verità di tutto quello che dico…».

Intanto al presidente della Camera pervennero altri 3 ordini del giorno:

1) Il primo di Bixio: «La Camera, in attesa della risultanza del processo iniziato per gli avvenimenti ultimi e udite le dichiarazioni del Ministero, passa all’ordine del giorno».

2) L’altro è di Ricciardi, che proponeva l’ordine del giorno senza votazione.

3) L’ultimo di Broglio: «La Camera, disapprovando qualunque atto e teoria tendente a diminuire l’esclusiva autorità costituzionale del Governo, passa all’ordine del giorno».

Finito? Nemmeno per sogno, perché, mentre parlava il presidente Rattazzi, il generale Bixio modificava il suo ordine del giorno: «La Camera, udite le dichiarazioni del Ministero, in attesa della risultanza del processo iniziato per gli avvenimenti ultimi e frattanto eccitando il Ministero ad affrettare e compiere senz’altri indugi, l’armamento nazionale, passa all’ordine del giorno».

Respinti tutti gli altri ordini del giorno, si passò all’appello nominale sull’ordine del giorno di Minghetti: «La Camera, udite le spiegazioni date dal Ministero sugli ultimi avvenimenti, approva il suo operato e, confidando che egli coll’autorità delle leggi, mantenga sempre illese le prerogative della Corona e del Parlamento, passa all’odine del giorno».

Dei 250 presenti in aula votarono a favore 189 deputati (tra questi i bergamaschi Andrea Moretti, collegio di Treviglio; Giovan Battista Cagnola; Guido Susani; Pietro Testa); 33 contrari, astenuti 28: tra questi Bixio, Giovanni Morelli del collegio di Bergamo e Gabriele Camozzi.

La prima legislatura del Regno d’Italia ebbe inizio il 18 febbraio 1861 e durerà fino al 7 settembre 1865. Il Regno venne diviso in 443 collegi e ciascun collegio eleggeva un solo deputato. Gli elettori chiamati alle urne furono 418.696 (l’1,90% della popolazione residente) e i votanti (al primo scrutinio) 239.583 (il 57,20% degli aventi diritto). Come è facile notare, alla votazione mancarono ben 193 deputati nazionali. Più diligenti i bergamaschi: dei 7 deputati dei collegi bergamaschi (Bergamo, Caprino, Clusone, Martinengo, Trescore, Treviglio, Zogno) ne furono presenti 6.

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