Cultura e Spettacoli / Bergamo Città
Lunedì 15 Aprile 2019
Gioconda ritrovata dopo il furto
«L’è lee, l’è lee»: la autenticò un bergamasco
Nelle «Memorie» di Ettore Modigliani (in uscita a giugno) in risalto il ruolo di Luigi Cavenaghi. Il restauratore di Caravaggio nel 1913 fu chiamato agli Uffizi per confermare la bontà del ritrovamento.
«Ora il capolavoro trovasi al sicuro in deposito agli Uffizi. Ma sarà la vera Monna Lisa? Non sarà una copia? Una copia fatta per stornare le indagini sulla vera “Gioconda” nascosta? Corrado Ricci, Direttore Generale per le Antichità e Belle Arti, corre a Firenze e conduce seco Luigi Cavenaghi, il principe dei nostri restauratori di antiche pitture, con qualche altro esperto. E viene la parola rassicurante: nessun trucco, nessun dubbio: “L’è lee, l’è lee” aveva detto Cavenaghi».
I ricordi del direttore di Brera
La scena descritta nelle «Memorie» di Ettore Modigliani (in uscita il 22 giugno 2019 nella Biblioteca dell’Arte, Skira), direttore della Pinacoteca di Brera dal 1908 al 1934, è quella che ha fatto tirare un sospiro di sollievo a tutto il mondo. Si è concluso così, infatti, dopo due anni di indagini senza esito da parte della polizia francese, il più clamoroso furto d’arte del XX secolo. L’ultima parola è arrivata proprio dal celebre restauratore bergamasco Luigi Cavenaghi, originario di Caravaggio, protagonista di quella lunga stagione d’oro che vide i nostri restauratori fare «scuola» in Italia e all’estero nella conservazione dei beni culturali.
Come tutto era cominciato, è storia nota e avvincente: sono le sette del mattino del 21 agosto 1911, quando l’imbianchino-decoratore del Varesotto Vincenzo Peruggia, che lavora al Louvre, si introduce nel Salon Carré e si porta via la Gioconda di Leonardo, con il patriottico intento di riportare in Italia il dipinto sottratto da Napoleone (la verità, anche se ancora oggi c’è chi non si rassegna, è che fu Leonardo a portarla in Francia dove fu regolarmente acquistata da Francesco I).
Il 12 dicembre 1913, tuttavia, Peruggia si presenta da un antiquario fiorentino, proponendogli di acquistare il capolavoro valutato 3 milioni di lire con un «rimborso spese» di mezzo milione. Ovviamente, scatta immediatamente la denuncia e Peruggia finisce in manette. Dopo la conferma di Cavenaghi che si tratti proprio dell’originale, il ritrovamento viene ufficializzato e le autorità italiane ottengono da quelle francesi di poter esporre il dipinto in Italia, prima del suo rientro a Parigi. Dopo gli Uffizi di Firenze, Palazzo Farnese e Galleria Borghese a Roma, la Gioconda prende la via di Brera, in treno, scortata proprio da Modigliani.
L’arrivo a Milano
Il seguito del racconto, che ha dell’incredibile, è affidato proprio alle sue parole, svelate in una gustosa «Brera story», pubblicata nei giorni scorsi sul sito della Pinacoteca di Brera in occasione dei 500 anni dalla morte di Leonardo. Alla stazione di Roma, Corrado Ricci si raccomanda con Modigliani e con Paul Leprieur del Louvre: «Uditemi: domattina a Rogoredo, prima di scendere, aprite la cassa e vedete se c’è. La “Gioconda” è capace di tutto, capace di tutto... Quello non è un quadro, è una donna...». Il 29 dicembre Monna Lisa arriva a Brera e alle 10 si apre al pubblico, una lira per l’ingresso. Nel primo minuto si vendono 100 biglietti, alle ore 17 si arriva a quota 18.000, ma è quando scatta l’ingresso gratuito voluto dal governo per impiegati e operai che scoppia il putiferio.
L’assalto della folla
«Le cose, da comiche, minacciano di diventare tragiche – prosegue Modigliani –. Il pubblico, al chiudersi delle officine e degli uffici, comincia ad affollarsi dinanzi all’ingresso del palazzo; poco dopo è già necessario sospendere il servizio tranviario in via Brera, la Piazzetta è tutta nera di folla, e altra e altra ne sopraggiunge dal Duomo, da via Solferino, da Pontaccio, da Fatebenefratelli… Verso le 22 incominciano i primi lamenti, le prime grida sulla Piazzetta. La Piazzetta di Brera è un mare in tempesta, in specie di donne – curiosità, il tuo nome è donna! – e altre fiumane di gente irrompono minacciando di schiacciare le prime migliaia sulla parete di fondo della piazza, priva di altra uscita».
Bersaglieri e vigili del fuoco sono costretti a intervenire per ristabilire l’ordine, fino alle 4 del mattino: «Bilancio della notte: sessantacinquemila persone contate nel passare dinanzi al quadro; le due portinerie e qualche ufficio a pianterreno ridotti a infermeria; la Piazzetta e la corte del Palazzo simili a un campo di battaglia, cosparso di centinaia di indumenti maschili e femminili».
Il rientro rocambolesco
E in tutto questo, la Gioconda? «Monna lisa, nella sua maschera impassibile, che dopo quanto era successo appariva fino cinica, era condotta alle quattro antimeridiane nel mio studio, e io, affranto dalla stanchezza e anche un po’ emozionato... passai il resto della notte con lei». Il giorno successivo è in programma la ripartenza della Gioconda in treno per la Francia e per evitare altre baraonde, Modigliani decide di «diffondere la voce che si va via a sera tarda, ed intanto risolviamo di andarcene verso le diciotto quatti, quatti, col dipinto a casa mia eludendo la vigilanza di reporter e di curiosi e senza molesti codazzi di gente; là prendere un po’ di cena in tranquillità e poi avviarsi nascostamente alla stazione».
Modigliani non si capacita: «Ho le traveggole? Vedendo io innumerevoli volte la “Gioconda” ammirata ed adorata al Louvre da un pubblico internazionale, da tante Misses e Fraülein in rapimento, che, per estasi, suggestione o snobismo coprivano i piedi del cavalletto di petali di rose e di viole, avrei mai pensato di poter dire a me stesso:“Ebbene, un giorno questo quadro uscirà da qua dentro, tornerà in Italia,verrà a Milano, salirà le scale di casa tua e passerà due ore sul sofà del tuo salotto?”». Anche la nipote, Laura Pontremoli, ricorda quel giorno memorabile in casa Modigliani: «Quel giorno mia madre tornò a casa dal Collegio delle Fanciulle e trovò i Carabinieri sul portone di Via Ariosto. Preoccupata salì le scale e a casa trovò ad attenderla mia nonna, che la prese in disparte e le disse: “Vieni, vieni cara. Ti faccio vedere cosa c’è sotto al letto… L’ha portata a casa il nonno… ieri sera ha dormito con la Gioconda».
L’idillio si spezza alle ore 22, quando Monna Lisa dalla stazione di Milano riprende la via della Francia. E la «fuitina» in Italia insieme a Peruggia – che se la caverà con sette mesi e otto giorni di prigione – resterà l’unica sua incursione fuori dalle mura del Louvre.
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