Fulminacci: sul palco a Bergamo con tante care cose e altri successi

L’intervista Il cantante il 23 luglio in piazzale Alpini: «Una gioia il concerto dal vivo. Cerco di divertirmi e migliorare sempre, senza dare nulla per scontato».

È la volta di Fulminacci, cantautore e protagonista della nouvelle vague italiana che fa tappa a Bergamo con il tour «Tante care cose e altri successi», ospite il 23 luglio della rassegna «Nxt station» allestita in piazzale Alpini (inizio annunciato alle ore 20.30, biglietti on line a 17,25 euro). Un concerto costruito attorno alle canzoni del suo secondo album, dopo «La Vita Veramente», del 2019, che gli ha guadagnato la prestigiosa Targa Tenco per la categoria Opera Prima. E il Premio Mei che lo ha laureato quale miglior giovane indipendente dell’anno. In curriculum anche la partecipazione nel 2021 al Festival di Sanremo con il brano «Santa Marinella».

In un mondo condizionato dagli artifici dello spettacolo mediatizzato, qual è quello della pop music, Fulminacci tiene la barra a dritta e insegue il non facile obiettivo della sincerità e autenticità. Ventiquattro anni, due album, tour con molti sold out. Possiamo dire che è all’inizio di una promettente carriera artistica che le ha già dato belle soddisfazioni?

«Non posso che confermare che le cose vanno molto bene. Cerco però di divertirmi e migliorare sempre, senza dare nulla per scontato. Con la consapevolezza che c’è sempre anche una grossa componente di fortuna».

Giusto per intendersi sulla terminologia: si sente un artista?

«Ho tanta paura ad usare questa parola anche perché non so bene cosa voglia indicare. Come quando si usa la parola amore, codici che si usano convenzionalmente ma che rischiano di essere più una gabbia che altro».

Ci racconta il suo percorso verso la musica e la canzone?

«Tutto è cominciato quando ho iniziato a frequentare una scuola di musica a dieci anni, su consiglio del barbiere. Ho scoperto un mondo che faceva cose che mi piacevano e che mi hanno catturato. Ho studiato chitarra e batteria, si facevano laboratori di musica d’insieme, si suonava rock e pop. È nato l’amore per la canzone d’autore italiana ed ho iniziato a comporre canzoni».

Quanto si sente musicista e quanto cantante?

«Quello che conta è crescere sempre, non pensare di essere arrivati perché poi ci si annoia e ci si siede. Con i musicisti della band, che sono più bravi di me, imparo sempre moltissimo».

«Le idee mi vengono quando sono di fretta, non le cerco e arrivano. Forse proprio perché quella condizione non programmata mi rende più disponibile a ricevere l’idea interessante»

Dar vita ad una canzone è un processo sempre un po’ misterioso per gli ascoltatori. Si è dato delle regole? Ha imparato da altri come mettere insieme i pezzi? Non c’è nessuna ricetta possibile?

«Io sono della scuola che non c’è la ricetta. Se avessi venti anni di esperienza forse potrei statisticamente individuare un metodo prevalente ma per ora non c’è una regola. Posso però dire che le idee mi vengono quando sono di fretta, non le cerco e arrivano. Forse proprio perché quella condizione non programmata mi rende più disponibile a ricevere l’idea interessante. Allora al volo trovo il modo di fissare su qualsiasi supporto questa intuizione».

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