Ferocia e sogni della guerra coloniale francese in Algeria

IL LIBRO. «Attaccare la terra e il sole» affronta la violenta guerra d’invasione coloniale da parte francese che si scatenò a metà Ottocento in Algeria.

Primo libro tradotto in italiano del grande autore francese Mathieu Belezi, «Attaccare la terra e il sole» (Gramma Feltrinelli), per la traduzione puntuale ed efficace di Maria Baiocchi, è un romanzo storico acuto e potente, un testo oggi quanto mai necessario e pur nella sua essenzialità capace di profondità estreme in cui i sentimenti umani rivelano sorprendenti abissi.

Già vincitore del premio «Le Monde» e del premio «Jean-Claude e Nicky Fasquelle» (in ricordo del grande editore francese), «Attaccare la terra e il sole» affronta la violenta guerra d’invasione coloniale da parte francese che si scatenò a metà Ottocento in Algeria. Mathieu Belezi evita le grandi iperboli retoriche o gli affreschi storici per concentrare il proprio sguardo sui dettagli, sugli aspetti meno apparenti di una storia minima e quotidiana fatta di continue rifrazioni. Slittamenti di un mondo in apparente disfacimento, come spesso avviene in un momento di lotta radicale in cui l’estremo diventa fatto quotidiano e in cui la normalità assume la forma priva di senso di un corpo senza più una testa in grado di guidarlo e orientarlo nelle strade come nelle scelte. Protagonisti assoluti Séraphine e la sua famiglia in partenza dal porto di Marsiglia in cerca di fortuna in quella terra promessa che erano le tenute agricole che il governo offriva ai cittadini francesi in Algeria. E poi un soldato disperso in balia della violenza assurda e conradiana di un capitano che ricorda da vicino il Kurtz di «Cuore di tenebra». Le strade s’incroceranno più volte insieme alle contraddizioni di una forzatura storica, quella coloniale, che mischierà a forza popoli e credenze determinando destini tragici seppur segnati da una bellezza in un certo senso atroce, quella data dall’asprezza vitale di una battaglia capace di mettere in gioco ogni cosa. Una partita d’azzardo dentro cui rotolano destini privati e destini nazionali. Belezi agisce dando forma a un racconto piano, con repentine accelerazioni, un fraseggio quasi semplice eppure efficacissimo. L’autore seduce il lettore attraendolo in un intreccio dal sapore magico capace di tramutare una dinamica storica in un vero e proprio discorso letterario sulla guerra. Una condanna che non passa attraverso richiami etici, ma attraverso il sostanziale racconto di una vicenda che attorciglia spesso mortalmente destini in una comune condanna. Un’ipnosi che illuse e illude ancora oggi dando forma alla categoria del «nemico» in nome del quale ogni cosa viene resa possibile e ogni forma di bellezza viene abbandonata.

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