Elio Biffi: «Voce, chitarra e piano: vi racconto De Andrè e il suo album più bello»

Elio Biffi, il tastierista dei Pinguini Tattici Nucleari, sabato 22 gennaio all’Edoné con la sua lezione concerto su «Non al denaro non all’amore né al cielo», il disco del ’71 ispirato all’Antologia di Spoon River.

A volte viaggia da solo Elio Biffi, il tastierista dei Pinguini Tattici Nucleari. A volte collabora con gli amici musicisti del Maite, e gli Arpioni sempre in levare. Suona il più possibile, si occupa anche d’altro. Collabora con «Terre Spezzate», una delle maggiori realtà organizzative di LARP (live action role play / gioco di ruolo dal vivo) in Italia. S’impegna come designer, produttore, sceneggiatore e regista. Coi Pinguini ha calcato il palco del Primo Maggio nel 2019, quello dell’Ariston al «Sanremo 2020». I quattro dischi del gruppo sono andati assai bene tra certificazioni d’oro e di platino. Ora la band orobica è ferma, lavora, in attesa che la situazione migliori. Lui ha tempo per seguire anche le sue passioni, compreso quella che lo lega a Fabrizio De André. Sabato presenta all’Edoné (inizio ore 18 e 22.30; prenotazione obbligatoria tel. 320 039 6245) una sua lezione concerto su «Non al denaro non all’amore né al cielo» l’album del 1971 ispirato all’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters. Un concept album tra i più interessanti del cantautore, a detta di molti, uno dei più belli, per certi versi autobiografico, uscito ad un anno da «La buona novella».

Come ebbe a dire lo stesso De André «sono l’invidia e la scienza i due temi cardine del disco. L’invidia che oppone gli umili ai potenti ma anche i potenti agli umili: il potere ci invidia quello che non può avere, l’innocenza, la solidarietà, l’utopia. Quanto alla scienza, la sua funzione dovrebbe essere quella di migliorare la nostra vita. Invece si mette al servizio del potere, implicitamente contro o malgrado noi: guarda le macchine da guerra, sempre più perfette e micidiali, che i governi fanno costruire agli scienziati».

A cinquant’anni dalla pubblicazione di quel disco cruciale, certi temi restano di piena attualità. «Per la serata all’Edoné utilizzerò lo script di una lezione concerto che ho realizzato per le scuole e non ho mai portato in pubblico in guisa di spettacolo», spiega il musicista bergamasco. «Quella della lezione concerto è una tipologia d’intervento che mi interessa. Recentemente ne ho preparata un’altra sempre sul tema del cantautorato, ma legata alle canzoni scritte in prima persona. L’ho realizzata all’interno di un progetto della Fondazione Gaber sempre per le scuole».

Perché ha scelto proprio quel disco di Fabrizio?

«È uno di quelli che ho iniziato ad ascoltare prestissimo. La prima volta in verità l’ho sentito nella versione di Morgan. Ero un ragazzino ed è stato uno dei miei primi ascolti importanti. L’ho assorbito prima in quella versione, poi ho ascoltato l’originale. Quello che affronterò sabato nei due momenti è un percorso narrativo, un po’ didascalico, sul disco e sul libro di Lee Masters. Ne parlerò raccontando qualche curiosità; suonerò alcune canzoni, leggerò delle poesie. Parlerò brevemente anche delle dinamiche produttive di quell’album. La situazione sarà intima: voce, chitarra e pianoforte».

Quanto è importante per un musicista approfondire la conoscenza della nostra canzone d’autore?

«L’unica cosa che conta quando fai del nuovo è avere dei riferimenti, sapersi muovere all’interno di un universo che gli altri hanno già solcato. A me interessa molto il lato testuale, letterario di certe canzoni del cantautorato. Anche nel modo di pormi come musicista ho sempre cercato di trovare il giusto equilibrio tra musica e testo. Sono molto legato alla forma canzone. Anche per questo studiare De André è stato importante. Tempo fa con i Pinguini Tattici abbiamo realizzato la cover di «Fiume Sand Creek» all’interno di una delle ultime compilation autorizzate dalla Fondazione De André. Faber è parte del nostro bagaglio».

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