Cultura e Spettacoli / Valle Cavallina
Lunedì 19 Luglio 2021
Cura, fiducia, educazione: che cosa ci ha insegnato la pandemia
Il 21 luglio, all’abbazia di San Paolo d’Argon, l’incontro promosso da Bergamo Festival e Confcooperative: dialogano Nando Pagnoncelli, don Giuliano Zanchi e don Cristiano Re.
Una fotografia sulla situazione italiana rispetto al tema della cura, della fiducia nel prossimo, di quali segni ha lasciato la pandemia e quali sguardi in avanti si possono immaginare: per fare questo urge andare a recuperare le dimensioni di senso, di motivazione e i valori che ci permettono di restare umani e ritrovare nuova umanità. È questo l’obiettivo dell’incontro «Cum operari, ciò che abbiamo imparato, ciò che stiamo vivendo, ciò che desideriamo trasmettere» - organizzato da Bergamo Festival e Confcooperative Bergamo con la collaborazione di consorzio Sol.co Città Aperta, consorzio Ri.bes, Fileo e Ufficio per la Pastorale Sociale e del Lavoro - in programma il 21 luglio alle ore 17, all’abbazia di San Paolo d’Argon.
All’incontro – introdotto da Giuseppe Guerini presidente di Confcooperative Bergamo – interverranno Nando Pagnoncelli, presidente Ipsos Italia; don Giuliano Zanchi, direttore scientifico della Fondazione Adriano Bernareggi, e don Cristiano Re, direttore dell’Ufficio della Pastorale Sociale e del Lavoro della Diocesi di Bergamo.
Per il terzo anno consecutivo dalla collaborazione di Bergamo Festival con Confcooperative Bergamo nasce un evento che vuole essere un dono per tutto il mondo della cooperazione sociale bergamasca.
Una riflessione nata da un gruppo di dirigenti del consorzio Sol.co Città Aperta e del consorzio Ri.bes con il confronto di alcuni membri del comitato scientifico di Bergamo Festival, nello specifico Elena Catalfamo, giornalista de «L’Eco di Bergamo», e don Cristiano Re, direttore dell’Ufficio della Pastorale Sociale e del Lavoro della Diocesi di Bergamo, a partire dal tema del festival di quest’anno «Di generazione in generazione - Costruire il presente per abitare il futuro».
Gli organizzatori spiegano le premesse alla base dell’incontro: «Questo tempo di pandemia che abbiamo attraversato e nel quale ci troviamo tutt’oggi a vivere, ci ha insegnato qualcosa? Ci stiamo lasciando interrogare dagli eventi che accadono nelle nostre vite e in chi ci sta accanto? O siamo sempre gli stessi? In caso contrario, possiamo lasciarci interpellare da ciò che ci succede? In caso affermativo, in che modo e quanto siamo veramente disposti a mettere in gioco di noi stessi per apprendere? Per fare spazio, per creare il vuoto e capire cosa resta di noi, del nostro modo di vivere e quali azioni è prioritario intraprendere nel nostro lavoro? Il lavoro educativo richiede grande dispendio di energie fisiche, mentali ed affettive, come possiamo prenderci cura degli altri, se prima non abbiamo cura di noi stessi? Ci sono tanti aspetti del nostro lavoro educativo che vorremmo migliorare, cosa vogliamo lasciare per le nuove generazioni di educatori? Quali sfide? Quali punti fermi? L’educatore può essere nel suo agire l’artigiano dell’ex-ducere, cioè tirare fuori e condurre? Chi abita con noi i territori dove lavoriamo e viviamo ci aiuta a raccogliere e a rilanciare la grande sfida dell’educare una comunità e i suoi abitanti? Le amministrazioni comunali, le parrocchie, i volontari del territorio, siamo certi di far squadra con loro e loro con noi, per il bene delle comunità?».
L’evento sarà accompagnato da una performance musicale di Matteo Gualandris .
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