Arte ritrovata, i quattro apostoli di Sant’Egidio tornano a «casa»

L’OPERAZIONE. L’opera, realizzata tra la fine del ’400 e l’inizio del ’500, era stata sottratta dall’abbazia a Fontanella del Monte. Il furto fu scoperto dall’allora priore David Maria Turoldo. I carabinieri l’hanno restituita dopo oltre 50 anni grazie alla segnalazione di un collezionista.

Era stato rubato nella notte tra il 12 e il 13 ottobre del 1973 dall’abbazia di Sant’Egidio a Fontanella del Monte. E venerdì sera, 18 ottobre, a 51 anni esatti da quel furto, lo scomparto della predella del polittico di Sant’Egidio, opera realizzato tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento e raffigurante quattro dei dodici apostoli, è stato restituito alla Chiesa bergamasca dai carabinieri del nucleo tutela patrimonio culturale di Torino, cui l’opera è stata segnalata da un collezionista che l’aveva acquistata on line per soli cento euro.

L’occasione è stata - in una gremita Sala Piatti, alla presenza del Vescovo, monsignor Francesco Beschi - l’inaugurazione della mostra «Eccellenti in Val Brembana. I capolavori restaurati di Cusio e Mezzoldo», promossa dalla Fondazione Bernareggi e che sarà aperta da oggi al 17 novembre nel Salone «Papa Giovanni XXIII» della Curia Vescovile, curata da Silvio Tomasini e Giovanni Valagussa.

Le opere restaurate

Tra le opere esposte ci sarà appunto anche la predella ritrovata e ricollocata nel «suo» polittico (gli altri due terzi della predella, ovvero la base della grande opera, non sono finora stati ritrovati), assieme ad altri due capolavori dell’arte bergamasca di fine Quattrocento e restaurati: il polittico di Cusio, realizzato dal bergamasco Antonio Boselli e oggetto di un integrale intervento di restauro, e la pala di Mezzoldo, dipinta da Lattanzio da Rimini nel 1505. Di quest’ultima opera viene presentato il recupero della cimasa, in attesa della prosecuzione dei lavori sulla tavola principale.

Accanto a queste due opere, alla mostra si potrà appunto osservare, dopo oltre mezzo secolo, anche la predella recuperata e reinserita nelle parti del polittico che erano invece state ritrovate sempre dai carabinieri subito dopo il furto. Grazie a queste tre opere si potrà riflettere sul passaggio artistico che avvenne alla fine del Quattrocento, anche nella Bergamasca, dagli apparati lignei strutturati da sequenze di figure, i polittici appunto, alle tavole uniche contenenti tutti i personaggi nella stessa scena.

La banca dati

A segnalare ai carabinieri di Torino la potenziale provenienza furtiva dello scomparto è stato appunto un collezionista che l’aveva notata su un sito internet di e-commerce e acquistata per 100 euro. Coordinati dalla Procura di Genova, i militari dell’Arma hanno inserito l’opera nella «Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti», che è tra l’altro la più completa banca dati di opere d’arte rubate esistente al mondo (gestita dagli stessi carabinieri del comando tutela patrimonio culturale), e appurato così che l’opera era proprio quella rubata nell’ottobre del 1973 dall’abbazia di Fontanella a Sotto il Monte.

È quindi scattato il sequestro disposto dalla magistratura e venerdì 18 ottobre, terminate le indagini, l’opera - attribuita alla bottega dei Marinoni di Comeunduno - è stata restituita alla collettività per essere subito esposta alla mostra allestita nel Palazzo Vescovile, dove si trova già da tempo il polittico e dove fervono i lavori per il nuovo Museo Diocesano e che è la quinta tappa di «Destinazione Museo».

Il patrimonio diocesano

Don Davide Rota Conti, direttore dell’Ufficio per la Pastorale della cultura della Diocesi, ha sottolineato: «Grazie al Vescovo per aver aperto la sua casa per inaugurare questa mostra: l’idea di valorizzare il patrimonio diocesano che incontra nel suo pellegrinaggio pastorale è sua». Presenti anche il consigliere regionale Michele Schiavi (la Regione ha sostenuto la mostra con un contributo), l’assessore comunale alla Cultura, Sergio Gandi, i curatori della mostra, oltre ovviamente ai carabinieri.

Sei pannelli di legno

Lo scomparto di predella ritrovato dai carabinieri faceva parte, come detto, del polittico di Sant’Egidio tra i Santi – che era formato da 6 pannelli in legno di pioppo, inseriti in una intelaiatura in legno di conifera su tre ordini (era alto tre metri e largo due) –, collocato fino a 50 anni fa su un altare laterale dell’abbazia. L’opera ritrovata raffigura quattro apostoli ed era originariamente sistemata nella parte anteriore destra del polittico. Nell’ordine superiore erano raffigurate la Madonna con il Bambino, San Sebastiano e San Rocco, mentre al centro Sant’Egidio sul trono, San Nicola di Bari e San Gregorio Magno: le parti superiori e centrali erano già state recuperate. Sotto, appunto gli apostoli.

«Controllando nel database della banca dati, che contiene 8 milioni di report, di cui 1,5 milioni sono beni illecitamente sottratti, abbiamo scoperto dov’era stata rubata»

«Siamo qui per chiudere un cerchio che venne aperto nel 1973, quando la predella venne asportata dall’abbazia di Sant’Egidio e quando un bene viene asportato il danno è fatto a una intera comunità - ha detto il maggiore Ferdinando Angeletti, comandante dei carabinieri tutela patrimonio culturale di Torino -: oggi è un piacere restituire al legittimo proprietario e alla collettività questa opera. Il quadro è stato ritrovato grazie a sensibilità di un privato, che si è presentato da noi con questa predella pagata soltanto 100 euro ma che si era reso conto della bellezza e della tipologia dell’oggetto che non poteva certo essere qualcosa di legale. A questo si è aggiunta l’abnegazione dei carabinieri del nucleo tutela patrimonio culturale, che hanno scoperto che l’opera era stata venduta più volte sul mercato ligure negli ultimi 15 anni, sempre per 50 o 100 euro, e che nessuno si era accorto del reale valore del bene. Controllando nel database della banca dati, che contiene 8 milioni di report, di cui 1,5 milioni sono beni illecitamente sottratti, abbiamo scoperto dov’era stata rubata. Ed è stato importante che già all’epoca del furto l’opera fosse stata fotografata: non era comune nel 1973. Ora i vostri volti sorridenti e commossi - ha concluso l’ufficiale - sono il nostro migliore riconoscimento per quanto fatto e per quanto faremo ancora».

Il furto fu scoperto dall’allora priore Turoldo

Fu l’allora priore dell’abbazia di Fontanella del Monte a scoprire, alle 7 della mattina di sabato 13 ottobre 1973, il furto del polittico e anche di un affresco del Trecento, trafugati la notte precedente all’interno della chiesa. E il priore di allora era padre David Maria Turoldo: le cronache de L’Eco di allora raccontano nei dettagli l’accaduto. Nell’articolo si riferisce che i ladri, per entrare nell’abbazia, «hanno scardinato un chiavistello installato da poco sui battenti della porta centrale, dopo che alcuni giorni fa era stata rubata la chiave della serratura». Un furto evidentemente pianificato nei dettagli da una banda di professionisti che lavorò tutta la notte: «Il furto è stato scoperto questa mattina alle 7, quando il priore padre Davide Maria Turoldo ed i quattro padri della comunità sono scesi per le preghiere del mattino. Sul pavimento della chiesa c’erano le colonnine in legno che incorniciavano il polittico e c’erano anche due sedie in legno che i malviventi in un primo momento avevano deciso di asportare ma che poi, vedendo forse che erano spaiate, hanno abbandonato». Nessuna traccia, invece, degli arnesi da scasso: i ladri si portarono via gli attrezzi. I padri avevano lasciato la chiesa all’1,30 della notte precedente, dopo le preghiere serali, e tutto era naturalmente a posto: i ladri avevano dunque impiegato meno di sei ore, lavorando «con calma» e staccando «le tavole di legno del supporto fissato alla parete senza intaccare la delicata vernice».

E nell’articolo di 51 anni fa si spiega anche un dettaglio curioso: «Poco dopo le 2 è rientrato nel monastero attiguo padre Giuseppe Papini, di ritorno da una conferenza tenuta in un paese vicino. Il padre, passando all’esterno della chiesa, non ha notato alcunché di sospetto. In quel momento i ladri erano forse già all’opera? Nessuno può dirlo. Ma certo, se già non erano in loco, stavano per arrivare».

Il furto destò grande preoccupazione, visto che era l’ultimo di una serie nelle chiese bergamasche in quell’anno. «Opere che si spera tanto vengano presto recuperate dai carabinieri e ricollocate nell’abbazia», auspicava l’articolista di mezzo secolo fa. La parte superiore e quella centrale del polittico vennero in effetti recuperate nel giro di poco tempo, mentre ci sono voluti 51 anni per concretizzare la speranza di recuperare anche una parte della predella.

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