Amore, sogno, dolore e gioia: Vecchioni incanta il Lazzaretto - Video

IL CONCERTO. Il cantautore in città con il suo spettacolo. «A Bergamo siete campioni d’Europa». Poi le canzoni: da «La mia ragazza» fino a «Sogna ragazzo sogna».

Seduce con le parole, prima ancora che con le canzoni, Roberto Vecchioni, che ieri – nella prima, vera, calda serata d’estate bergamasca – ha portato in città il suo «Tra il silenzio e il tuono tour», secondo appuntamento del festival Lazzaretto Estate, ennesima tappa di una tournée che il professore sta portando in giro per l’Italia, regalandosi ogni sera esibizioni da tutto esaurito (gli oltre 1.500 posti di ieri erano sold out già un mese fa). Le luci (viola) del palco si accendono alle 21.41 ed è subito incanto: maglietta grigia e jeans, il sorriso sornione di chi in palcoscenico ha trascorso gran parte della sua vita, dividendolo per oltre trent’anni con le cattedre di italiano, latino e greco nei licei.

Niente musica, Vecchioni parte con un monologo di 7 minuti: «Qui a Bergamo non si scherza, siete “campioni d’Europa” – esordisce, facendo partire il primo applauso –. Sono contento di tornare, per la prima volta al Lazzaretto. Arriva un momento in cui ti accorgi che la vita è fatta di troppi pochi anni, peccato. Ne ho 81 e vorrei averne a disposizione altri 45-50, ma con Dio non si contratta, e per fortuna». Per le canzoni c’è tempo: «L’Italia è un Paese bellissimo – prosegue –, ma è malato di tutte le imperfezioni possibili, pieno di furbi e di malviventi, d’interessati e di ignoranti. Nessuno di noi sa dove stiamo andando, ma abbiamo dentro valori che passiamo ai nostri figli, e poi ai nipoti. Sono le tradizioni, valori che rimangono intatti».

La scaletta

È tempo di cominciare a cantare: Vecchioni sceglie di partire con un salto indietro di 22 anni, fino al «Lanciatore di coltelli», con «Storia e leggenda del lanciatore» («una canzone totale, quella che amo di più», dice). Uno spettacolo di musica, ma anche di tante parole (alla fine le canzoni saranno solo 18): «La vita è un sabato continuo, in attesa della domenica. Ed è bellissimo – dice ancora –. Sono sicuro che il domani sarà migliore per tutti, perché la vita è bella».

Il tour prende il nome dal suo ultimo libro, ma sono i brani di «Infinito», l’album pubblicato alla fine del 2018, a scandire il ritmo della prima parte del concerto. Si prosegue con «Ti insegnerò a volare», «Ogni canzone d’amore» (dedicata ai 43 anni di storia d’amore con la moglie Daria), «La mia ragazza», «Vincent», «Vorrei» e «Infinito» (il brano dedicato a Giacomo Leopardi). Per ogni canzone, un aneddoto, una storia, un ricordo. E il pubblico apprezza.

Canta e racconta l’amore e il sogno («non si ama davvero se non si ama per sempre», dice), l’esistenza e il dolore, la gioia e la felicità, Roberto Vecchioni, in un’altalena di sentimenti e di stati d’animo, di personaggi e di vita vissuta, riannodando i fili di una carriera lunghissima e costellata di grandi successi. Un marchio di fabbrica che il professore non tradisce. Accompagnato dai suoi fedeli compagni di viaggio, Lucio Fabbri (pianoforte e violino), Massimo Germini (chitarra acustica), Antonio Petruzzelli (basso) e Roberto Gualdi (batteria), nella seconda parte dello spettacolo Vecchioni prende per mano il suo pubblico accompagnandolo in una carrellata di brani storici: da «El Bandolero stanco» a «Le mie ragazze», «Voglio una donna» e poi ancora «Sogna ragazzo sogna», «Chiamami ancora amore», e finale obbligato con i più classici dei suoi bis, «Luci a San Siro» e «Samarcanda».

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