L’Atalanta di chi ha visto tutto e quella di chi ha visto solo questi anni. E perché, comunque, è giusto crederci

storia. Lo scritto di Ombra

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C os’hanno in comune fine novembre e fine aprile? Nulla, pochissimo al massimo. Per gli appassionati della montagna, invece, sono la fine e l’inizio, lo stop e la ripresa, l’apnea tra una stagione di camminate tra rifugi e quella successiva. Persone che non incontri per mesi ma che diventeranno di nuovo compagni di scarpinate per le prossime domeniche, figlioletti e nipotini inclusi che si aggiungono nel corso degli anni. Cinque mesi di pausa per poi riprendere tutto d’un fiato le abitudini di sempre, col desiderio di recuperare gli aneddoti che si sono persi nei cinque mesi di astinenza. Era l’ultima uscita del 2016. Oggi si torna prima perché l’Atalanta gioca in casa, e lo sai tu il caos che si crea in zona Viale Giulio Cesare, meglio essere lì con un po’ d’anticipo. Mi chiedono com’è questa Atalanta, da dove salta fuori. Io cerco di spiegare, di far capire quello che nemmeno io riesco a razionalizzare. Mi picchiettano col bastoncino, lungo la discesa. Mi dicono “Ma dove vuoi che vada, dai. Non dura più”. “Fidatevi, guardate che questa Atalanta è forte per davvero”. Non ci credo quasi nemmeno io, ma sognare non costa nulla.