I l mite Elvio. Da sempre. Mite in casa. Mite a scuola. Mite all’università. Mite in parrocchia (quel poco, da ragazzo). Mite con le donne che ne hanno lambito, più che incrociato, l’esistenza. Mite ovunque. Il mite Elvio si ricorda ancora una frase di sua nonna materna, dopo che era stato da lei una settimana, nel settembre prima della sua prima elementare (iniziata il primo ottobre, quando accadeva che alla scuola bastissero meno giorni per combinare molto di più). I suoi andarono a Cingoli a prelevarlo, e la nonna, alla domanda se fosse stato bravo, rispose: “È un bambino mite, tranquillissimo: non sapevo neppure di averlo qui”. E un bambino così, diventato uomo e rimasto l’uomo più mite del mondo, può avere per idolo l’allenatore più fumantino, litigioso e squalificato della storia della sua squadra? Può. Attrazione degli opposti, probabilmente. Il professor Caudano non ci aveva mai pensato e se ne rende conto di colpo in questi giorni. Il Liceo “Leonardo da Vinci” di Jesi quel giorno ha in programma le famigerate riunioni di dipartimento primaverili, che lui teme come la peste, in generale e nella fattispecie. Perché, nella fattispecie, l’ordine del giorno prevede due punti: 1. Discussione degli esiti dei corsi di recupero; 2.Discussione sui libri di testo da adottare per l’anno successivo. Il Dipartimento di Lettere al “Leonardo da Vinci” consta di tutte donne e del solo, mite Elvio. Il quale da anni ha scelto di tacere. E tace. Proprio perché è mite e perché, ai suoi esordi, accadde un episodio così sgradevole che lo ferì nel profondo. E ferire un mite è pericoloso: o esplode, o lo perdi.