“L azio-Latina, il derby s’avvicina». Quando il gruppo di tifosi biancazzurri vede lo striscione capisce che la situazione si sta facendo decisamente seria. Vero che la sponda romanista non era stata meno tenera, vergando i muri della capitale con “un Lazio-Lodigiani il derby del domani” non meno perfido, ma è tutta un’altra dimensione. Dopo un anno in serie B assolutamente anonimo a centroclassifica, illuminato solo dai 18 goal e dal titolo di capocannoniere per Oliviero “bomber vero” Garlini, ecco la mazzata dei 9 punti di penalizzazione per il calcio scommesse. L’ennesima bagarre del Totonero che già dagli anni ’80 ha sempre visto la Lazio in prima fila. La notizia arriva con i biancazzurri già in ritiro: il mister è Eugenio Fascetti, tatticamente un mezzo genio, caratterialmente un pazzo da incatenare. Guarda i suoi e lapidario sentenzia un “chi non ci crede se ne vada ora”. In pratica restano tutti e quella stagione 1986-87 passa per sempre nella storia del club biancazzurro. Fino a quel momento la bacheca di Tor di Quinto segna due titoli: la Coppa Italia del lontano 1958 e lo scudetto del 1974 con una squadra che come carattere e tendenza alla rissa (soprattutto interna) avrebbe fatto scappare dal campo anche la celebre “Crazy Gang” del Wimbledon di Vinnie Jones del decennio successivo. Ora di scudetti ce ne sono 2, ma anche 7 Coppe Italia (spiacente, per l’ottava si può riprovare il prossimo anno…), 5 supercoppe italiane, 1 Coppa delle Coppe e una supercoppa europea. Tutte vinte dopo quella stagione che ha segnato il punto più basso della storia biancazzurra: ad un passo dal baratro, da quella C1 schivata in estate (era la prima richiesta dei giudici federali) con 9 punti di penalizzazione ed evitata nella folle roulette russa degli spareggi. Ma torniamo allo striscione: viene esposto al nuovo Romagnoli di Campobasso.