U n uomo come il professor Caudano può certo compiacersi di essere lontano dalla crescente follia della scuola, di cui peraltro ha testimonianza da fatti di cronaca come da mail e messaggi di colleghi; non può però essere felice di trascorrere troppo tempo nell’ozio. Perciò, secondo la sua natura, ha diviso le mattinate tra quelle dedicate ai libri da leggere e quelle dedicate allo studio. Nel pomeriggio, impartisce lezioni private perlopiù gratuite e si prepara il poco che gli serve per la propedeutica ai seminaristi e per la conferenza mensile di italiano. Poiché poi i riti danno certezze e riferimenti ai giorni, lui ha pensato bene di istituirne qualcuno dentro i suoi di Langa. La colazione al bar di Claudio, per esempio, e almeno una cena verso la fine della settimana in trattoria. Più la passeggiata della domenica mattina con lo stesso Claudio e i suoi amici. “Addio Koopmeiners, professore!”, lo hanno insolentito quando è apparso per cappuccino e brioche l’altra mattina. Pareva che l’olandese avesse annunciato la sua volontà di andarsene e che mezza Inghilterra più la Juventus si fossero candidate come possibili mete del suo trasferimento. Il buon Elvio ha alzato le spalle e sorriso. Poi, non si è sottratto e ha risposto con calma: “Ci hanno abituato a voler bene solo alla maglia, perché chi la indossa è di passaggio e normalmente non le si affeziona più di tanto. Dovessi fare il conto di tutti i giocatori partiti verso squadre importanti anche solo nell’era Gasperini, non finirei più. Ma da anni ho imparato a non soffrire: dentro la già dolorosa caducità della vita, le vicende dei calciatori inscrivono la particolare caducità della loro presenza in una squadra o in un’altra. Star male per Koop? E allora, all’indietro, per Muriel, Zapata, Høilund, Mancini, Kessie, Spinazziola, Caldara?…”. Un vecchio milanista, dal primo calice del giorno, l’ha buttata lì con malcelato orgoglio: “Non mi dirà che per Donadoni non se l’era presa!”. “Certo! Ma era un’altra epoca”, ha replicato Caudano.