O gni promessa è debito, si dice. E così, a un certo punto, don Attilio è tornato alla carica con l’idea degli incontri di letteratura italiana per tutti. Il professore Caudano, per innata timidezza, sperava di scamparla, come talvolta accade: che qualcuno lanci un’iniziativa e poi essa si perda nel nulla, dimenticata fra le mille urgenze della vita o stroncata dalla pigrizia un po’ di tutti. Di chi voleva e di chi doveva. Perché un conto le cose è dirle e un conto è farle. Invece, nella fattispecie don Attilio è tornato sul suo proposito, e nel momento che più sbagliato non poteva essere: la sera di domenica, dopo la sconfitta interna col Bologna. Indigesta quant’altre mai. Il buon Elvio era appunto uscito a fare quattro passi per smaltire un sentimento che mescolava delusione, rabbia, frustrazione e desiderio di rivalsa. Perdente di lungo corso, non che egli non sappia che, nella vita come nello sport, può succedere che vincano gli altri. Però, i sei punti concessi ai felsinei nel giro di due mesi gli sono particolarmente indigesti. Il profilo dolce delle colline punteggiate di luci quasi lo commuove, ma contrasta col suo umore nero: “Né prima di Natale né oggi ci hanno dominato, anzi. Certo, chi segna vince, e loro lo hanno fatto a Bologna una volta e due a Bergamo, però entrambe le volte senza surclassarci. Anzi. Là, hanno segnato alla fine e, prima, le occasioni erano state quasi solo nostre; qui, nel primo tempo li abbiamo sovrastati e nel secondo, a parte il nostro black out iniziale, con il gentile omaggio del rinvio basso di Carnesecchi, li si è visti ben poco”.