L ettore avido e instancabile di Carlo Emilio Gadda, il professor Caudano ne ha per così dire in promptu talune espressioni che gli sono rimaste dentro non perché studiatamente le abbia volute imparare a memoria, ma come misterioso deposito accumulatosi via via, anche grazie alla diavoleria moderna degli audiolibri (spesso ascolta Fabrizio Gifuni interpretare meravigliosamente Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana). Perciò, quando il suo pupillo Carnesecchi ha combinato il guaio contro il Napoli (rinvio dissennato, pistola carica messa nelle mani di due killer vestiti d’azzurro), e in lui sono scattate le più nere riflessioni centrifughe sui due portieri nerazzurri, sulle beffe che il calcio confeziona incurante delle ragioni del gioco e dei tifosi (in quel momento, se qualcuno doveva passare in vantaggio, era semmai l’Atalanta), sulla sua propria condizione di esiliato nelle Langhe e di disertore dalla scuola, sulle ingiustizie tutte del mondo e infine sul male di vivere, subito gli sono risuonate le parole che il Gran Lombardo mette in bocca al commissario Ingravallo nel primo capitolo appunto del Pasticciaccio, ove gli fa dire che per lui “le inopinate catastrofi non sono mai la conseguenza o l’effetto che dir si voglia d’un unico motivo, d’una causa al singolare: ma sono come un vortice, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti”.