A d ogni inizio stagione l’Atalanta si fa sempre aspettare un po’. A volte, come in questa annata, viene turbata da un mercato che non ha avuto uno sviluppo lineare, o meglio, che non è andato esattamente come si era immaginato. In qualche altra occasione a tradirla è stata una combinazione di un calendario particolarmente difficile e di gambe che non giravano alla perfezione. Altre volte ancora sono stati invece i nuovi acquisti, che ci hanno messo più del previsto ad assimilare i concetti del tecnico di Grugliasco. Ma tutte le stagioni dei nerazzurri, che hanno visto Gasp in panchina, hanno sempre avuto un punto di svolta, un “turning point” dove la squadra ha dato dei chiari segnali a chi lo osservava. Segnali che a volte sono stati positivi, e dove si è potuto intuire che la squadra avesse ulteriore margini di crescita, e altre volte in cui questi segnali hanno dato la sensazione che la squadra “girasse già sui suoi massimi”, e che per le più disparate ragioni non si potesse andare oltre. Intendiamoci, si parla sempre di stagioni giocate nei piani più nobili della classifica di A, e quasi sempre con annesse campagne europee, ma come sappiamo bene tutti la nuova dimensione dell’Atalanta è questa, e le “sensazioni” che si cercano nel guardarla giocare sono legate alla possibilità che la squadra superi ancora una volta i suoi limiti e si spinga in “terreno vergine”, rubando un termine utilizzato per i titoli di borsa, per quel che riguarda i risultati sportivi. Ebbene, dopo 4 giornate di Champions League, la squadra di Gasperini si è issata solitaria al nono posto di quella lunghissima classifica, con numeri che parlano da soli: 8 punti, 2 vittorie, 2 pareggi, 5 reti segnate, 0 reti subite. Contando che si gioca contro le migliori d’Europa, è un bottino niente male.