Caudano, la vittoria dell’Atalanta e la gioia triste di Miranchuk. «Aleksej, non devi chiedere scusa. Bergamo ti vuole bene»

storia.

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A leksej segna e non esulta. Alza ali intimidite di cerilo triste nella notte di fine febbraio. Come fanno gli ex quando vanno in goal contro la squadra cui appartenevano e si sentono fuori posto. Aleksej si sente fuori posto. I compagni lo festeggiano, probabilmente alla sua rete esulta anche Ruslan in tribuna. Ma Aleksej no, china il capo sotto gli abbracci degli altri, che si vede che gli vogliono bene, ma sembra impacciato, come volesse chiedere scusa. Anche se lui non ha fatto nulla di male, anzi ha fatto goal, e un bel goal. Serpentina ubriacante e tiro preciso. Per carità, la Sampdoria pareva già tramortita e fin dall’inizio era sembrata avversario non molto agguerrito, o forse frastornato dallo sfarfallio continuo dei (non) attaccanti atalantini. In ogni caso, Aleksej ha portato a termine un’azione degna di chi su quelle zolle, zona destra dell’attacco a convergere verso il centro, ha scritto per anni poesia calcistica pura: Josip Ilicic. Suo amletico erede, Aleksej non è mai esploso. Chi lo aspettava e chi aspettava soltanto che venisse ceduto, mandato a giocare, Verona, Genoa o dove volessero, purché andasse, liberasse il posto. Poi, com’è la vita, proprio Josip si impiglia di nuovo nella sua foresta d’ombre, gennaio sta per finire, Piccoli sta per partire, e Aleksej rimane.