M issione compiuta. L’Atalanta è tornata dalla trasferta di Monza con i tre punti nella saccoccia, guadagnati con fatica ma con merito, sfruttando a pieno le risorse della panchina e concedendo un po’ di riposo a tutti in vista della delicata sfida di Coppa Italia di mercoledì. Proprio per aver saputo gestire al meglio le forze a disposizione, ai nerazzurri va tributato un grosso plauso, e non i commenti di insoddisfazione spuntati qua e là al termine dell’incontro. È vero che la squadra di Gasperini ha rischiato di farsi raggiungere dai brianzoli nei minuti finale dell’incontro, ma è altrettanto vero che per tutta la gara è stata dominante nei confronti dei biancorossi, ed ha saputo cogliere una vittoria in trasferta su un campo di una squadra di media forza del nostro campionato. Oltretutto, lo ha fatto sfruttando principalmente i giocatori sin qui meno impegnati. I nerazzurri inoltre non avevano altra possibilità, vista la frequenza degli impegni (e tutti di alto livello) ai quali devono far fronte. Per cui la vittoria, seppur sofferta nel finale, va accolta come l’ennesima grande prestazione dell’Atalanta. Per una volta, i mugugni e le insoddisfazioni lasciamoli agli altri.
Cominciamo questa seconda parte d’analisi dando uno sguardo all’undici schierato da Gasperini in partenza, e che mostrava almeno tre criticità. A sinistra l’Atalanta aveva la necessità di far rifiatare Ruggeri, che assieme a Zappacosta sarà indispensabile nella sfida di mercoledì, e per questa ragione ha dato spazio a Bakker. Come abbiamo imparato nel vederlo all’opera, l’olandese non si trova a suo agio nel ruolo di esterno a tutta fascia, soprattutto nella fase di non possesso, e per questo schierarlo ad inizio gara poteva essere un azzardo, visto che su quel lato di campo agiva la coppia Colpani-Birindelli. Bakker non ha brillato ma non ha commesso errori, e questo ha fatto sì che Ruggeri si sia risparmiato 45 minuti di sgroppate senza che l’Atalanta ne pagasse dazio. La seconda criticità era rappresentata dalla posizione di De Ketelaere, che da trequartista non aveva solo da svolgere i compiti di regista offensivo, ma anche quelli di marcare Bondo in fase di non possesso. Una marcatura diversa da quella che solitamente “monta” su uno dei due centrali di difesa avversaria, che si esaurisce nei primi 25 metri di campo. Tallonare il mediano di Palladino significava inseguirlo per porzioni più lunghe di campo e bisognava farlo con maggior intensità. Il rischio di farselo sfuggire palla al piede (in più di un’occasione si è verificato proprio questo), significava esporre la corsia centrale a degli attacchi diretti, con i nerazzurri chiamati a pericolose scalate (se salta una marcatura succede questo) per tamponare la falla. La terza criticità era rappresentata dall’intesa tutta da trovare, tra due attaccanti rapidi come Touré e Lookman, ed il belga De Ketelaere, peraltro impiegato in una posizione non del tutto congeniale alle sue caratteristiche.