Q uel meraviglioso affabulatore che risponde al nome di Luciano Spalletti l’ha fatto di nuovo. Ha trovato l’ennesima immagine calzante e adatta a descrivere un’attitudine, uno stile di vita, una declinazione dell’animo umano applicabile non solo alla propria realtà ma a ogni possibile sfumatura e contesto. Gli hanno chiesto delle prospettive e delle ambizioni del suo meraviglioso Napoli. Non ci è cascato, ormai esperto marinaio nelle burrascose acque delle interviste e delle conferenze stampa. Il mister di Certaldo, aderente alla tradizione toscana del riuscire a creare metafore poetiche senza risultare stucchevole e retorica, poteva ripetere mantra triti e ritriti. “Una partita alla volta”. “Da qui alla fine sono tutte finali”. “Dobbiamo metterci il paraocchi come i cavalli da corsa”. Invece no. Ha trovato una nuova forma per esprimere lo stesso concetto, valido per il moto perpetuo partenopeo come per il tachicardico elettrocardiogramma atalantino. “Occhiali da fabbro”. Bisogna indossare gli occhiali da fabbro.