Il Napoli – proviamo a occuparci di football – è l’emblema di com’è possibile fare calcio, vincere e divertire organizzando la squadra in modi molto diversi, pur con gli stessi giocatori (quasi). Passare da Sarri ad Ancelotti per i partenopei è stato come entrare in un altro mondo: lasciate perdere chi sostiene (solo perché la classifica è uguale) che è lo stesso calcio.
No, Sarri e Ancelotti fanno cose molto diverse, e in ogni parte del campo. Prima la differenza più evidente: Sarri con il 4-3-3 cercava la superiorità numerica nel mezzo, per costruire i triangoli che hanno fatto la sua fortuna. Jorginho era il cervello, messo basso davanti alla difesa. Ancelotti invece gioca solo con due centrocampisti (4-4-2), e della sua rinuncia lì numericamente beneficia l’attacco. Perché Sarri giocava con un centravanti e due ali, passando dalle geometrie di cui sopra per arrivare in porta, o al tiro «costruito» dopo 4-5 passaggi che portavano la palla in area. Ancelotti gioca con due attaccanti, non uno. Non c’è il mediano basso (Jorginho), c’è una punta in più (Insigne). Davanti si va in gol con movimenti meno schematici e quindi meno prevedibili. E si prova con tanti tiri, da tutte le posizioni del campo. Ancora: la presenza di due esterni, ai lati dei mediani, cambia radicalmente i movimenti del centrocampo.