S imone Moro lo dice sempre: non conta per forza arrivare in vetta. Conta aver dato tutto per arrivarci. E l’Atalanta la vetta l’ha veramente vista, accarezzata, sfiorata. Certo, così è atroce. Come a Dortmund, come a Copenaghen. Atroce davvero. Ma sono storie che restano scritte, che restano nei cuori, talmente belle che il risultato alla fine conta quasi poco. Come 32 anni fa, in quella notte da favola con il Malines: contava esserci ed averla giocata, il risultato poi diventa un dettaglio, o quasi. Il simbolo di tutto è Gasperini, che al 97’, quando Muriel ha fallito una potenziale grande occasione per il 2-2, l’ha guardato e applaudendo l’ha consolato: «Va bene, dai». Forse persino lui, che non si arrende davvero mai, aveva capito che in fondo insistere non era più né utile, né giusto. Con una squadra che aveva messo alle corde, e resistito fin oltre i propri limiti, contro una squadra che ha le dimensioni di un pianeta, e l’Atalanta quelle di un satellite, a quel punto era giusto sorridere.