V eniteci ancora a raccontare che il problema della regolarità del campionato è il recupero di Atalanta-Fiorentina. Venitecelo ancora a raccontare, e scatterà la risata di un popolo. A zittire tutte le polemiche di queste settimane è stato il campo, come sempre. E il campo, a dispetto di un risultato quasi risicato, ha parlato. Di più: ha sentenziato. E la sentenza dice che in Champions League deve andare l’Atalanta. Perché il quinto posto che vale la Champions l’ha portato a casa l’Atalanta, soprattutto, alimentando il ranking. E perché sul campo l’Atalanta ha messo tra se e la Roma tantissimo più di questi tre punti che ora le separano in classifica, con la Roma che ha giocato una partita in più. L’Atalanta ha giocato una partita perfetta, costruendo una marea di occasioni per chiuderla, e non riuscendoci. In parte per difetto proprio, in parte per pura sfortuna: il palo di Cdk, il palo di Koop, una manciata di tiri usciti di una spanna. Poi sì, alcune situazioni non ben gestite e quella palla che Koop, a porta vuota, ha buttato in braccio agli ultras. Il calcio è così: domini praticamente sempre, ma che te la devi sudare diventa automatico, specie contro una squadra forte e orgogliosa come la Roma. E specie se un arbitro che non è mai stato un fenomeno, e mai lo sarà, decide che una situazione che in Europa non sarebbe rigore mai, diventa un rigore da dare. Ma mettiamo tutto in archivio, perché adesso conta solo la classifica. E la classifica dice una cosa chiara: con il Lecce salvo, il Torino che ancora ambisce a qualcosa che somiglia all’Europa, e la Fiorentina in vacanza, l’Atalanta è a tanto così dal ritorno in Champions. Un ritorno che merita, stra-merita. Qualche pensiero, a seguire, sull’approccio alla partita, sul futuro (anche dell’allenatore, occhio al «domino delle panchine»), sulla finale di Coppa Italia.