D ifficile mettere in fila le idee dopo una partita così, dopo un tumulto di emozioni così forti, continue, un primo tempo a duemila all’ora, lo spettro di nuovi errori arbitrali, la beffa, il pareggio, l’idea che nel secondo tempo però la giocheremo ancora più forte, invece no. I cambi, quasi sempre l’arma dell’Atalanta, stavolta l’Atalanta l’hanno cambiata in peggio, ed è quasi sceso il buio, la sensazione che ci potevi anche provare, ma era finita. La Coppa, un’altra volta, finisce in altre mani. Anche se stavolta è stata diversa, se proviamo, nonostante tutto, a ragionare.
La premessa è però doverosa, e non di prassi. Non è questa finale a cambiare in peggio il sapore della «torta», a togliere prestigio, importanza, peso ai risultati ottenuti fin qui dall’Atalanta. Certo, sarebbe stata una ciliegina enorme, indimenticabile, emozionante. Non è stato, e non è nemmeno il caso di stare a fare troppi processi a questo o a quello. Il dato di fatto è che l’Atalanta - anche al netto di un secondo tempo in cui la Juve è stata superiore - ha giocato questa finale molto meglio di come giocò quella con la Lazio. La maturità per alzare un trofeo forse non c’è ancora nella partita secca contro squadre con questa esperienza, ma non è il caso, forse, di parlare di «braccino». Quello si vide nettamente a Roma, non al Mapei.
D’altronde lo si era detto che il problema della Juve in questa stagione è stato la continuità di prestazioni, ma la singola partita ha sempre la forza di farla bene. Sulla distanza, in una finale al meglio delle 5 partite, sarebbe stata più probabile la vittoria dell’Atalanta. Sulla partita secca, il rischio che gli stimoli del trofeo svegliassero la Juventus dal suo torpore c’era, chiaramente, e si è verificato. Nonostante questo, l’Atalanta nel primo tempo è stata grandissima, e avrebbe meritato di prevalere. C’è, a questo punto, inevitabilmente il tema arbitrale. Senza stare a sfoderare del vittimismo, stiamo ai fatti: su Pessina era rigore, e l’azione del gol di Kulusevski parte con un evidentissimo fallo di Cuadrado su Gosens. Stiamo ai fatti: due decisioni sbagliate hanno favorito la Juventus. I maligni dicono che in partite come queste gli arbitri non fischieranno mai contro la Juve, in episodi dubbi. Malignità, resta il fatto che anche questo arbitro, come quello della finale del 2019, ha sbagliato a sfavore dell’Atalanta. Sono fatti, non si possono ignorare.
Resta da dire, adesso, del campionato. Perché certi atteggiamenti arroganti dei giocatori juventini spingerebbero il cuore a dire: ok, in Champions vada il Milan. Ma l’Atalanta non può fare questi ragionamenti, perché è diversa da questi pensieri, perché domenica c’è da conquistare un secondo posto che sarebbe storico, un altro record, un’altra ciliegina sulla nostra splendida torta. Il secondo posto: sarà questo, adesso, il trofeo ideale da alzare. Non piangere, Atalanta. Sei grande lo stesso.