P rendete questa pagina e appendetela nelle camerette, negli uffici, dovunque. Perché è una pagina di storia dell’Atalanta, di Bergamo, di tutti. Perché 61 anni dopo da San Siro e da Gardoni che baciava la Coppa Italia, l’Atalanta ha vinto ancora. E ha vinto in Europa. Dopo tre finali perse, ditecelo ancora che non vinciamo mai, che l’Atalanta è bella, bellissima, ma poi non vince niente. Ditecelo ancora, ditelo a noi, che riportiamo una coppa che conta in Italia dopo una marea di tempo. E che lo facciamo con i conti in ordine, non come chi vince e, il giorno dopo, cambia proprietà perché non può pagare i suoi debiti.
Le mani tremano, e non è un’esagerazione, mentre volano sulla tastiera rivivendo questa notte. Perché bisogna essere fortunati, non poco, per esserci quando capita una cosa così. E noi, e voi, ci siamo stati dentro la notte di Dublino, davanti a questa squadra meravigliosa che sette giorni prima inciampa nella finale più brutta di tutte, e 7 giorni dopo vola nella finale più bella e più difficile. E batte la squadra che non aveva perso mai. Persa la finale da favoriti, vinta la finale che pareva una parte impossibile da scalare. Ma per aver dei limiti bisogna anzitutto porseli, e l’Atalanta non conosce limiti. Non questa, non quella spinta sempre più in alto da questi dirigenti che parlano coi fatti e da questo allenatore che trasforma visioni in realtà. E da questi giocatori, che forse adesso non se ne rendono conto, ma sono entrati nella storia del calcio italiano, di questa città, nei cuori di tutti per sempre.