L a premessa è obbligatoria. Non c’è parte della nostra vita che non sia sconvolta, in questi giorni, dall’arrivo in Italia del coronavirus. Le scuole, i trasporti, i servizi: nulla è com’era solo tre giorni fa. Basta uno starnuto, per spaventarsi. Ed è umano che sia così. La paura è parte di noi. Poi c’è chi irresponsabilmente calca sui tasti dell’allarmismo. E chi, forse altrettanto irresponsabilmente, derubrica il coronavirus a «poco più che un’influenza». In mezzo, come quasi sempre, c’è la verità: un allarme vero per la salute di tutti. Non è più come prima, ovviamente, nemmeno lo sport. E la premessa obbligatoria, in fondo al preambolo, è che prendere decisioni rapide e corrette, in una situazione inedita, è davvero difficile. Lo si legge nelle facce dei presidenti, degli assessori, dei sindaci e dei ministri. Non è facile e comunque si faccia, c’è qualcuno che alza il dito per dire che non è giusto. Nel dettaglio, parliamo delle scelte assunte sulla ripresa del campionato a porte semi-chiuse.