I l 17 ottobre è il compleanno dell’Atalanta. 1907-2021: sono 114 anni di storia straordinaria, tutta. Le vette come i punti più bassi: mai, Bergamo ha rinnegato il legame viscerale, quasi di sangue, con la sua squadra. Il famoso «andiamo all’Atalanta»: che ci fosse il Malines nella serata da «io c’ero», o che ci fosse l’ultima in classifica in serie C. Bergamo e l’Atalanta, l’Atalanta e Bergamo. Oggi l’Atalanta è sulla vetta, e una volta raggiunta non ha fatto come gli alpinisti che, appena in cima, organizzano la discesa. L’Atalanta ci ha preso gusto e sulla sua vetta è rimasta. Un’Europa League, un preliminare, tre terzi posti, tre Champions, due finali di Coppa Italia, una serie infinita di primati. Di colpo, l’Atalanta che si salvava pensando più al risultato che all’estetica ha fatto la rivoluzione, arrivando al risultato attraverso anche l’estetica del gioco. Anzi: l’estetica del gioco è diventata parte del prodotto, del brand. Un marchio di fabbrica. Ah, come gioca l’Atalanta, dicono in giro per l’Europa. E giù complimenti. Eppure, Bergamo, i bergamaschi e la loro Atalanta stanno vivendo un momento strano. Difficile da definire, da contenere nel giro di poche righe. C’è chi dice assuefazione. Eppure assuefazione significherebbe distacco anche quando l’Atalanta gioca. E questo non è. C’è chi dice pancia piena, ma in giro non vediamo inappetenza: alzi la mano chi può dire chissenefrega se oggi a Empoli si vincerà o si perderà, che tanto è uguale. No, non è uguale e la gente di Bergamo ha la stessa fame di sempre. Se l’Atalanta vince siamo contenti oggi come due anni fa. E allora, cosa c’è che non va? Cosa c’è che ha così tramortito l’entusiasmo, calato sull’ambiente questa cappa strana, cosa c’è, per usare l’azzeccata metafora di Gasperini, che ha sgonfiato le gomme? Proveremo a riassumere per punti, mettendo in fila i pensieri, gli spunti emersi in questo primo scorcio di stagione – e forse anche da prima – soprattutto durante queste infinite soste per le nazionali. Partendo da una frase lapidaria, detta da un amico che le cose dell’Atalanta le sa, e le sa bene, e che suona come un allarme rosso nel suo realismo schietto e sincero: “La gente non sta a casa per i risultati, le ambizioni, il calciomercato. La gente sta a casa perché la g’ha mia oia . Che è molto peggio”. Cerchiamo di capire perché è passata, questa voglia, e come potrebbe tornare.