D icono che comunichi male, e magari a volte è anche vero. Ma Gian Piero Gasperini con la conferenza stampa della vigilia di Empoli-Atalanta ha fatto una mossa da vero psicologo. Uno psicologo geniale. Una di quelle che spiazzano, che cambiano tutte le carte in tavola, che rovesciano la prospettiva. Una di quelle finte di corpo che mandano in terra tre avversari e ti liberano verso la porta avversaria. Ripensiamoci. Eliminato dalla Champions contro un’avversaria che era oggettivamente abbordabile, ma non solo: per la prima volta discusso dalla sua gente per aver attaccato pubblicamente Lookman. E lui che fa? Si difende? No. Attacca? No. Tira fumo in aria per distrarre il popolo in pieno stile «politico»? Nemmeno. Lui fa quello che fa sempre: alza l’asticella. Mette il carburante delle motivazioni nel carburatore di tutti. Parla di scudetto, anche senza quasi nominarlo, ma ne parla senza nessun possibile fraintendimento. Mette in piazza senza timori, senza strombazzamenti ma nemmeno senza quei patetici infingimenti che troppo spesso vediamo nel mondo del calcio coperti da frasi di circostanza, mette in piazza quel che ha nella testa: che dopo il ritorno in Europa, dopo il ritorno in Champions, dopo la vittoria dell’Europa League, l’unica cosa che può alzare di nuovo l’asticella del «mondo Atalanta» è quella cosa lì, lo scudetto. Senza nessun obbligo di vincerlo, ma con l’obbligo di non avere rimpianti. E così, in mezzora dai toni pacati e col sorriso sulle labbra, Gasp ha rovesciato la prospettiva di tutti, in primis quella della squadra. Di colpo tutti gli hanno perdonato l’errore - questo è - su Lookman, di colpo tutti si sono sintonizzati sulla frequenza del «sogno impossibile». Ha preso una squadra di sicuro colpita dall’eliminazione col Bruges e l’ha resettata, ponendola sul rettilineo d’arrivo del campionato a bordo di un razzo, quello che potrebbe portare alla conquista dello scudetto.