D iretta, o coi preliminari, c’è sempre lei, in cima ai pensieri degli atalantini per il 2019: l’Europa. La società, con tutte le ragioni del caso, tiene i piedi per terra, nelle dichiarazioni ufficiali tutto l’impegno è rivolto a non alimentare illusioni, a volare bassi, a evitare di voler sembrare troppo ambiziosi, se non “sbruffoni”. Che due anni di successi non possono, e forse non devono, cambiare troppo il dna umile dell’Atalanta. Altrimenti, se ci si illude di essere davvero diversi, poi succedono imprevisti, inciampi, scivoloni, qualche figuraccia. Questa prima parte di stagione insegna.
Che l’Atalanta sia diversa, ora, lo dice la storia. Ma che non debba, e non possa, sentirsi davvero diversa, lo dicono i risultati. Quando l’Atalanta gioca con la sua umiltà, con la fame di chi deve ancora crescere, e tanto, arrivano le imprese. Quando l’Atalanta si sente più forte, rigorosamente, quasi scientificamente, cade.
Per cui, il primo regalo che chiediamo all’Atalanta nel sognare un grande 2019 è questo: non smarrire se stessa, restare quella che lottava per salvarsi, e con quello stesso spirito lotta per obiettivi più grandi. In poche ore un nostro post su Facebook è stato un successo di commenti. Cosa sogneresti, per il 2019? Eccola lì, la risposta scontata: ancora in Europa. Ancora sogni su campi internazionali, ancora l’Atalanta accostata a squadre note o sconosciute, poco importa. Contano quei brividi, quelle emozioni, conta rividere quel percorso che ha portato tutti i nostri cuori a Dortmund, a Percassi in lacrime, ai due gol di Ilicic, e a quella delusione così “bella” da restare nella storia incancellabile, come il Malines. Ma attenzione: non è un obbligo qualificarsi, è semmai un obbligo provarci. E se l’Atalanta avrà fatto di tutto per provarci, la sua gente saprà perdonarla e applaudirla anche se non ce la farà. Questo pubblico è pretenzioso, ma sa capire quando la maglia è sudata fino in fondo.
E poi? I sogni della gente parlano soprattutto di stadio. Ma qui siamo praticamente nel campo delle certezze (scongiuri, dai). L’iter è ormai compiuto, e che partano i lavori a fine stagione non è più in discussione. Poi ci sarà un cantiere lampo e a inizio campionato la curva nord non sarà più la stessa. Incredibile, quasi, in una città che di stadio nuovo (o ristrutturato, a fasi alterne) parla da decenni. Stavolta (ormai) ci siamo.
E poi? E poi buon anno a tutti, e un pochino anche a noi di Corner. Siamo alla fine del primo mese di vita di questa nuova “creatura” de L’Eco di Bergamo. A quanto pare, piace. Cercheremo di farvela piacere ancora di più, mettendoci tutto l’impegno possibile. A voi lettori chiediamo un solo regalo (a parte quello di abbonarvi): ogni idea, ogni suggerimento ci aiuterà a migliorare Corner. Sapete dove trovarci.