N on ci possono essere sogni impossibili se non si vincono partite possibili. O meglio: se non si fa il possibile e anche l’impossibile per vincerle. Se non si mette in campo l’intensità necessaria per superare una squadra tutta chiusa, ma che ha pur sempre un piede in Serie B. E l’elenco dei punti non raccolti in casa comincia a essere lungo, troppo. Atalanta-Venezia è la fotografia di una squadra che di colpo, dopo il colpo di reni di Empoli che pareva aver archiviato l’eliminazione della Champions, è scesa in campo senza intensità, senza capacità di accelerare, senza - apparentemente - crederci. Perché questa era l’ultima partita «abbordabile» prima di una serie di scontri diretti che prevedibilmente abbasseranno la media punti, che invece necessita di essere alzata per inseguire «quel» sogno che Gasperini ha indicato contestualmente all’annuncio del suo addio, quasi certo, a fine stagione. Tutto serviva, meno che una partita durata ben più di 90’ senza che la squadra, nonostante i cambi, sia mai riuscita davvero a mandare il Venezia in affanno, a creare pressione, forcing. Ne è uscito un punto che serve a poco, che vanifica il favore del calendario, che aggiunge tensione a un ambiente che non è riuscito a vivere una settimana serena, perché l’incognita del futuro rischia di pesare tanto, troppo.