L e buone squadre vincono a volte partite per superiorità. Le grandi squadre vincono a volte dominando. Le grandissime squadre vincono a volte partite che poi ti domandi come sia stato possibile. Ma loro le vincono, anche se magari tutti i dati diranno che avrebbero meritato le avversarie. E’ la bellezza del calcio, e insieme il suo mistero. Sport imprevedibile, in cui gli episodi incidono a volte definitivamente. Atalanta-Udinese rientra nella terza categoria appena descritta: una grandissima squadra, l’Atalanta, gioca un primo tempo nettamente inferiore. La tiene a galla il portiere, tutto il resto soccombe davanti ad avversari discreti, di gran gamba, più veloci, più determinati, certamente meno spremuti. 0-1 all’intervallo e pareva già tanto. Poi il secondo tempo, un’azione ed ecco il pareggio, un’altra azione ed ecco l’autogol che decide tutto. Una mazzata che l’Udinese non riesce a riassorbire, al netto della buona volontà. Ci stava quasi anche il terzo, per l’Atalanta. Ma va bene così: sesta vittoria di fila, non importa come quando arrivi a vincere ancora in fondo a un ciclo terribile. Primo posto momentaneo e una squadra che pare inarrestabile: dove non arriva con le sue forze ci si mette un pizzico di fortuna, che non è mai un reato.
1. Quel primo tempo
Il primo tempo è stato certamente la frazione di partita meno bella di questo ciclo, tra campionato e Champions. Atalanta rallentata, non intensa, una miriade di errori tecnici e di misura proprio dai giocatori che in genere non falliscono mai. Ma lo diciamo da sempre: è fisiologico che accada, sono giocatori e non macchine, sono uomini e non robot. Muscoli e cervello non possono avere un rendimento costante, e specie l’ultima settimana per la squadra è stata particolarmente intensa, con due trasferte diversissime - caldo a Napoli, freddo a Stoccarda - in pochi giorni, pochissimi allenamenti, tanta pressione anche mediatica addosso, perché è ovvio che quando arrivi a bussare alla porta della vetta della classifica poi si facciano certi discorsi.