L i vediamo per anni come fuoriclasse, capaci di fare cose che noi umani, mai. Capaci di fare cose che nemmeno i campioni, figurarsi quelli buoni, figurarsi quelli che fanno tutta una vita da mediano. E per tutto questo, il fuoriclasse cattura ammirazione tecnica e umanissimo affetto. Poi, però, quasi sempre il fuoriclasse mostra anche il suo lato debole, una fragilità che tramuta ammirazione e affetto in amore senza più limiti, senza più possibilità di retromarce del cuore. Al campione si perdonano errori, ma fino a un certo punto. Al fuoriclasse sì, si perdona tutto, perché lui è tanto diverso in campo, quanto come noi al di fuori. La vicenda di Josip Ilicic, probabilmente il più talentuoso giocatore che abbia mai vestito la maglia dell’Atalanta, e che Bergamo ha salutato in un tripudio di lacrime e applausi nella serata di giovedì allo stadio, ci ha insegnato questo, una volta di più. Sono campioni, sono famosi, sono strapagati, hanno le case e le macchine più belle, hanno mogli e fidanzate da copertina. Eppure non sono infrangibili.