L’Atalanta ha dato tutto, ma è un punto amarissimo. Riflessioni sulle scelte, i rigori, gli infortuni, il mercato

commento. Il post partita di Roberto Belingheri

Lettura 3 min.

L e partite non basta dominarle, bisogna vincerle. E a volte non basta nemmeno stradominarle, andare in vantaggio, avere un rigore a favore che avrebbe chiuso la partita. A volte non basta nemmeno, incredibile, essere l’unica squadra in campo a giocare a pallone. Il calcio è uno sport imprevedibile, è lo sport imprevedibile per definizione. Quindi a volte non basta tutto questo, e le partite possono finire in pareggio. Così è andata Atalanta-Torino: una squadra ha giocato a calcio, l’Atalanta. L’altra è andata in campo con il solo obiettivo di pareggiare, di strappare un punto che le serve a niente, se non ad alimentare l’ennesimo fallimento delle ambizioni europee di Cairo e compagnia. Piuttosto che rischiare di vincere, Vanoli ha scelto di provare a non perdere, mettendo in campo non solo armi calcistiche, ma tutte le «sporcature» possibili e immaginabili, incluse perdite di tempo a metà primo tempo: mentalità lontana anni luce da quella dell’Atalanta, e che mai speriamo di rivedere sul campo di Bergamo. Peccato, era una partita da vincere per provare a tenere vive le ambizioni massime, ma il punto probabilmente stacca l’Atalanta in un modo che contro Napoli e Inter diventa davvero difficile immaginare di colmare. D’altra parte il calendario non concede tregua, ma nonostante lo sforzo immane di Barcellona l’Atalanta ha provato a vincere fino all’ultimo secondo. Semplicemente non c’è riuscita, anche per i demeriti di una squadra che segnato il gol ha regalato il pareggio (fotocopia di Barcellona, forse c’è un ripassino da fare) e per i demeriti di Retegui che ha calciato il rigore veramente in malomodo, contro un portiere che ha giocato una grande partita e si è comportato in modo inqualificabile. Detto tutto questo, proseguiamo. E toccherà tornare a parlare di mercato (purtroppo).