T rema ancora la Maresana, per quella palla che Retegui, da due passi, ha calciato alta. Sarebbe stato il 3-3, forse persino stretto in fondo a questa partita incredibile, a questa notte che racconteremo come il Malines, come il Liverpool, come Dublino. E in queste notti il risultato conta poco, perché è tutto il resto che rimane. Rimane il mondo che ci guarda, l’Italia che tifa Atalanta, se non tutta quasi, rimane l’Atalanta che gioca alla pari con il Real, che vince anche perché più fortunato, oltre che perché ha in attacco una mezza miliardata di giocatori. Ma sconfitte così non sono sconfitte, mai. Non possono esserlo quando esci dal campo avendo messo sotto il Real Madrid in una partita che fino a pochi anni fa avremmo forse giocato alla playstation, per vedere l’effetto che fa. E invece il Real è venuto qui sapendo che era l’ultima spiaggia per cercare un posto nelle 8, sapendo che doveva vincere o erano grandi problemi. Ma colpo su colpo, lì a ribattere alla parata di stelle, c’erano i nostri. C’era un Ederson infinito, c’era un Kolasinac allenatore in campo, c’era De Ketelaere capace persino di fare la faccia cattiva davanti a quell’armadio di Rudiger. Resterà nelle menti e nei cuori, questa partita, questa notte. Per chi l’ha vista allo stadio, per chi l’ha vista a casa, per chi in giro per l’Italia e l’Europa ha deciso, stasera, di essere tifoso dell’Atalanta. Non è una sconfitta perché l’Atalanta è uscita da questa partita ancora più forte, più consapevole. Sapendo che i ranking che la piazzano nelle top10 europee non dicono cose strampalate, se poi, in campo, te la giochi con il Real fino all’assedio, fino a quella palla di Retegui che la Maresana ancora trema.
1. La situazione
La situazione la vedremo alla fine del turno di Champions. L’Atalanta perderà posizioni, ovviamente. Era previsto e prevedibile. Ma la qualificazione nelle 24 non è in discussione, affatto. Quella è già in tasca, e a gennaio sarà bello provare a battere lo Sturm per piazzarsi a quota 14 e poi vedere cosa succede a Barcellona.