I l Liverpool andrebbe iscritto a qualcos’altro. Perché tutto il mondo gioca a calcio, ma il Liverpool gioca un altro sport. Undici, che sembrano quindici. Corrono come diavoli, e sorridono, e sembra che nemmeno facciano la fatica. Tecnica sublime, dal primo all’ultimo. Certo, le hanno suonate all’Atalanta, e di brutto. Ma la sensazione è che siano davvero poche le squadre in gradi di non farsele suonare. E bene ha fatto l’Atalanta a provare a giocarsela con le sue armi, che poi snaturarsi per prenderne 3 anziché 5 sarebbe una sconfitta in partenza, e non al 90’ come invece dev’essere nello sport.
Diciamo grazie all’Atalanta, dunque. Non per il risultato, chiaro. Ma per averci portato fin qui. In fondo l’editoriale l’ha scritto prima dell’inizio il signor Fernando Togni, classe 1923, nella lettera che ha mandato in redazione. “Confesso che apprendere che la squadra più forte del mondo incontrerà al vecchio Brumana la nostra Atalanta mi ha commosso. L’importante è battersi”. Che il Liverpool sia un’orchestra che suona calcio, e insieme suona pure le avversarie, non è una notizia di questa notte. La notizia è semmai che l’Atalanta fosse l’avversaria del Liverpool. Cioè il compimento di un percorso che non finisce qui, perché la qualificazione è tutta aperta, e al termine del primo giro di partite del girone si sa quel che si pronosticava la sera del sorteggio: Liverpool di un altro pianeta, danesi condannati all’eliminazione, secondo e terzo posto che saranno posta in palio tra Ajax e Atalanta. Ovviamente non bisognerà fallire il ritorno contro il Midtjylland, perché quei punti non sono scontati ma è quasi scontato che li porti a casa l’Ajax. Così come occorrerà “battersi”, citando Togni, anche ad Anfield, perché è quasi scontato perdere ma non lo è che perda l’Ajax, nel ritorno contro il Liverpool. Ogni punto può fare la differenza. Poi, vedremo. Mal che vada sarà terzo posto, sarà ancora Europa. Nel frattempo anche questa partita qualcosa ha detto, che valga la pena di essere approfondito.