W e are back, direbbero i nostri avversari di oggi. Siamo tornati dopo qualche assenza dal palcoscenico più importante, ma l’Atalanta torna sulla scena della Champions più forte di prima. Molto più forte. Se riavvolgete il nastro tornerete alla bolgia di Zagabria, a quella squadra che se ne fece dare 4 dalla Dinamo senza capirci molto. Una bambola, e insieme la sensazione di essere un po’ fuori posto, che la Champions fosse un po’ troppo per l’Atalanta. Il resto è storia, è quel girone strappato con le unghie sul povero campo di Kharkhiv, è il Valencia, è Ilicic, è il Covid che ferma tutto, è il PSG in agosto. E tutto quel che è venuto dopo, che è come una lunga strada che ha portato alla vetta di Dublino, al trofeo dell’Europa League portato per le strade di Bergamo, al delirio collettivo vissuto da un’intera comunità soltanto tre mesi e mezzo fa, su per giù. Ma sembra tutto molto più lontano, perché il calcio non lascia tregua mai, e tu vinci una coppa ma il giorno dopo è già tritacarne, è già calciomercato, sono già voci che si rincorrono coi furiosi copincolla del web, e poi Koop col suo stress, e Lookman che chissà, la Supercoppa bella ma in fondo un po’ amara. Insomma, ti eri addormentato campione d’Europa e ti risvegli, tutto sudato, che siamo qui, di nuovo, con la musichetta della Champions dentro una storia tutta diversa.