E anche per quest’anno il mercato che lo siamo tolti di torno. Da oggi la pressione minima e massima del bergamasco medio atalantino può tornare entro i limiti di guardia, la consultazione compulsiva dei “siti” più o meno specialistici tornare saltuaria, la condivisione isterica di nomi e voci rimandata a gennaio, la ricerca disperata di conferme su questo o quello anche. Come sempre sono stati mesi che cominciano con programmi e finiscono con altro, perché non può che essere così dentro una vicenda tanto lunga che per forza viene condizionata dai fatti che succedono. Diamo per dette e conosciute tutte le possibili contumelie contro questa formula del mercato, che a nostro avviso dovrebbe aprire il 15 giugno e chiudere - esagerando, ma proprio esagerando - il 31 luglio, per dare tempo agli allenatori di conoscere il «materiale» a disposizione ed eventualmente rimediare, dopo il raduno. Quarantacinque giorni di «finestra» dovrebbero essere considerati sufficienti per capire cosa fare, stilare gli elenchi degli obiettivi dalla A alla Z, centrarne qualcuno, ripulire la rosa dagli esuberi, effettuare le cessioni più redditizie. Invece, abbiamo il mercato più assurdo possibile. Alla fine del quale abbiamo un’Atalanta radicalmente diversa da quella di fine stagione 23/24. E quindi, come sempre, ecco l’analisi reparto per reparto, con la solita premessa: qui non si danno voti da scolaretti elementari, perché per giudicare un risultato finale occorrerebbe sapere anche quali erano i programmi iniziali. Qui semplicemente si prova a ragionare, soprattutto prescindendo dai risultati del precampionato e delle prime partite ufficiali, che sono state un saliscendi: bene con Real e a Lecce, in calo a Torino e in «crollo» a Milano.
Il metodo
Prima dei reparti, osserviamo il metodo di lavoro dell’Atalanta. Ha ceduto tutti i cedibili monetizzando il massimo - erano praticamente tutti a bilancio a 0 euro ormai - e finanziando le entrate in buona parte. Dei big ha ceduto il solo Koopmeiners, e non aggiungiamo altro, realizzando una plusvalenza clamorosa (su tutti i conti nel dettaglio rimandiamo però a un prossimo approfondimento di Enrico Mazza). Dal lato degli acquisti ha mantenuto fermissimo il principio che regola le spese a Zingonia: si spendono soldi solo là dove si pensa di poter rivendere. Dunque sì a giocatori giovani e anche molto giovani, mai spese per giocatori nell’orbita, o oltre, i 30 anni. Sarebbero costi solo da ammortizzare e rispetto ai quali non ci sarebbe mai un rientro di cassa o addirittura una plusvalenza. La sintesi è: come sempre, anche in questo mercato se l’Atalanta ha speso l’ha fatto con la logica dell’investimento, che se è buono poi ti porta in casa un guadagno. Detto questo, via coi portieri.